Capolavori di Arturo Vermi in mostra alla Rocca di Umbertide in Umbria 

Una grande retrospettiva in Umbria con l'Archivio storico che ha casa a Monza per riscoprire un artista centrale nello sviluppo dell'arte italiana.
Arturo Vermi
Arturo Vermi

L’Archivio Arturo Vermi con sede a Monza e il suo Comitato scientifico hanno dato vita a una mostra su Arturo Vermi (1928-1988) che si tiene alla Rocca di Umbertide in Umbria, Centro per l’arte contemporanea, anticipando di qualche mese il 2024, e ricordare con il cinquantesimo di quella data, l’inizio di un periodo fortunato per l’artista brianzolo, culminato coi successi critici riscossi in occasione delle mostre alla Galleria Blu di Milano, alla Rotonda della Besana e ai Piombi di Venezia, tutte del 1974.

Arturo Vermi a Umbertide: gli esordi e il naturalismo

Ora in mostra a Umbertide nel cuore dell’Umbria, troviamo opere diverse e di diversi periodi, talune inedite e veri capolavori di un periodo quale quello degli anni Sessanta- Settanta che hanno scompaginato in positivo l‘arte contemporanea. La mostra ci pare cosa significante per il sol fatto che artisti di chiara fama e spesso già storicizzati, ampiamente conosciuti nel Nord Italia, sono quasi sconosciuti nel Centro e Sud Italia.

Arturo Vermi
Arturo Vermi

Ne cito uno a caso, Enzo Brunori (Perugia 1924 – Roma 1993) ampiamente conosciuto a Roma e nel centro Italia, quasi sconosciuto a Milano e nel Nord Italia. Una valenza similare si può significare per il nome di Arturo Vermi che lo vede oggi al centro di questo mostra in Umbria, una mostra quantomeno capace di svelare ai più e anche a talune nicchie del mondo accademico l’intero percorso di un artista che ha lavorato un’intera vita per segnare degli svolgimenti pittorici legati alla vita, all’esistenza, al tempo, alla storia, al calendario, alla gioia, alla felicità, alla filosofia del presente.

E talune opere in mostra alla Rocca di Umbertide svelano per l’appunto la ricerca portata avanti da Arturo Vermi durante tutto il suo tragitto esistenziale, capitoli segnati da un razionalismo naturalistico, dove la linea tracciata, spesso in sequenza, dentro una superficie velata da un sottile cenno di colore, uniformata nella ricerca di uno spazio più mentale che visivo, movimenta un mondo di forti intensità poetiche, una sorta di “naturalismo sintetico”, un racconto pascoliano del mondo svelato, della natura segnata da stupori,  da lasciare sbigottiti, la presenza della natura in un gioco di trasalimenti carichi oltremodo perché impregnati dell’èlan vital di bergsoniana memoria.

Arturo Vermi a Umbertide: le traiettorie della poetica

In molti lavori è come se Arturo Vermi traducesse il mondo, a tessere quel filo di poesia che tiene corpo e anima, pelle e sostanza, immateriale e realtà, e infine segnare e insegnare ai più  il senso astratto che regge il mondo, lo spirituale che pur leggibile è nascosto, e l’aspetto fisico corporeo della realtà sempre oscillante tra  rapporti di causa-effetto.   E se il titolo della mostra umbra ben chiarisce “dal segno alla felicità” è pur vero che in taluni scritti Arturo Vermi  sottolinea che la vera e unica necessità dell’uomo   è di avvalersi del concetto di felicità, un principio coinvolgente al quale si richiama spesso  nell’intera sua vita, persino nella scelta di taluni colori come l’azzurro e l’oro,  perché l’assioma della felicità che abbraccia l’intera sua  poetica  si svela maggiormente nel  senso di libertà totale, e soprattutto  di sintesi della nostra esistenza, quale obiettivo primario che non è solo libertà di pensiero, ma di vita.

Molte opere, che pure paiono svelarsi in un velario concettuale chiariscono l’amore per la vita, il suo ancoraggio per la vita quotidiana, il miraggio per gli affetti, gli amici, la famiglia. Mostra ossequiale, chiarificatrice, perché le opere esposte, attraversando il percorso dell’artista, permettono di comprendere il rapporto con il segno che ha caratterizzato tutta la sua ricerca. Nei suoi decenni di ricerca ossessiva e gioiosa, carica di quella “gioia di vivere”, e mai banale,  per ricordare un verso poetico di Sandro Penna, iniziata negli anni ’50 a Milano quando Brera ne rappresentava l’ombelico del mondo intellettuale ed artistico, passa da un’iniziale ispirazione espressionista, all’arte informale, per poi dedicarsi al segno per quasi tutta la sua carriera, a partire dalla breve esperienza del Gruppo del Cenobio, e terminare con un ritorno all’immagine e alla poetica della felicità.

Arturo Vermi a Umbertide: Parigi e poi

Fondamentale per lo sviluppo della sua ricerca artistica la permanenza a Parigi tra il 1959 e il 1961 e la frequentazione di alcuni tra i principali ateliers d’oltralpe quali quelli di André Blok, Szabo e Ossip Zadkine. Basti pensare che in terra francese nascono le “Lavagne” e come logica successione i “Diari” composti da segni verticali e paralleli, che a tratti s’infittiscono o diradano per spiazzare lo spettatore e portarlo a riflettere sul tema del vuoto, dello scandire del tempo;  questi lavori oggi si lasciano leggere in opere più complesse e con evidenti richiami al mondo infantile, ai segni che molti di noi hanno fatto in prima elementare, quasi a riappropriarsi della stopria e dell’esistenza del passato.

Arturo Vermi
Arturo Vermi

Le Storie di Mago Sabino o Merlino mettono l’accento sulla fase in cui l’uomo non è ancora schiavo della calligrafia e della parola, ma comunica attraverso simboli e segni. Arturo Vermi si è guardato attorno, e si è riferito all’infanzia di ognuno di noi, all’infanzia della civiltà e dell’Umanità, è proprio con quelle barre verticali poste una accanto all’altra, con quelle asticelle in sequenza, che l’Uomo inizia a ragguagliarsi  e a scrivere. Col passare del tempo poi le tende di colore su cui imprime il suo gesto cambiano, per arrivare negli anni ’70 all’uso di oro e argento, elementi di ampia valenza simbolica e spirituale, rimandanti anche a un’idea d’eterno e che hanno avuto grande importanza nella visione dell’artista; è certo che è  la loro capacità di rifrazione della luce a farglieli preferire. Alle carte e alle tele si aggiunge un’abbondante produzione su tavole di legno.

L’amicizia con Lucio Fontana e il suo influsso lo porteranno a produrre “Paesaggi”, “Approdi” e “Piattaforme”, lavori che partono proprio da basi “fontaniane” a vivere in modo oltre lo spazio.

Arturo Vermi a Umbertide: dagli anni Ottanta

Nel 1980 lavora a un nuovo progetto, le “Sequoie”, dette anche I 100 Comandamenti, in cui il Diario diventa “Tavola della legge” quando trasposto su supporti lignei dorati. Nel 1981 intraprende un viaggio sul monte Sinai, portandosi persino a lanciare simbolicamente  una sua opera in un atto di restituzione al cosmo e allo stesso Mosè traghettatore verso la Terra Promessa; con la valenza di voler comunicare come da una liberazione  si possa poi dare inizio a una nuova svolta, e proseguire la ricerca.

È da questo momento che decide di occuparsi solo di “cose belle, avvenimenti felici”, quel pensiero che ha poi dato titolo alla mostra. Nota che la causa principale dei nostri disagi  è il trascorrere forzato del tempo, quindi accantona  l’orologio e inventa “l’Annologio”, opera in cui il tempo si misura non in ore, ma in giornate. Contemporaneamente lavora ai “Colloqui” e a “Luna-Terra-Sole”, fin quasi a tornare progressivamente all’arte figurativa come conclusione del suo percorso artistico. La mostra umbra oggi non solo documenta e rende omaggio a un artista di altissimo livello storico, che ha marcato l’arte con una sua impronta personale,  significativa e irripetibile, ma porta ancora una volta a ristudiare momenti algidi dello spazialismo con autori e loro opere che sono capolavori

***

Carlo Franza

Nato nel 1949, Carlo Franza è uno storico dell’arte moderna e contemporanea, italiano. Critico d’arte. È vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (lettere, filosofia e sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e assistente ordinario. Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore straordinario di storia dell’arte moderna e contemporanea (Università La Sapienza-Roma) , ordinario di lingua e letteratura italiana. Visiting professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose università estere. Giornalista, critico d’arte dal 1974 al 2002 a Il Giornale di Indro Montanelli, poi a Libero dal 2002 al 2012. Nel 2012 ritorna e riprende sul quotidiano “Il Giornale” la sua rubrica “Scenari dell’arte”.