Alla mensa dei poveri, a Monza, terza città della Lombardia e una delle capitali economiche d’Italia (capoluogo di una provincia con la più elevata concentrazione di imprese a livello nazionale), ci va ormai pure chi un reddito fisso ce l’ha. Anche pensionati. Accade perché il magro contributo che, dopo una vita di lavoro, lo Stato passa loro alla fine di ogni mese viene completamente eroso dalle bollette. Che, per molti, complice il passaggio obbligato al mercato libero, sono divenute insostenibili. Sarà perché, a una certa età, districarsi tra offerte e alternative non è semplicissimo, chissà.
Fatto sta che, come spiega anche il presidente dell’Adiconsum territoriale, a molte di queste persone tocca ora rinunciare a consumi e servizi essenziali, come le cure mediche private o, addirittura, a determinati cibi (per esempio la carne, che per i meno giovani è fondamentale per motivi di salute).
Evidentemente, anche in una Brianza dove non è raro incrociare sulle strade costosi Suv e in cui non sono in pochi quelli che ancora “se la passano bene”, almeno all’apparenza, non si è più in grado di offrire a chi per un’intera esistenza ha contribuito al benessere della propria comunità una vecchiaia dignitosa. Con buona pace del contenuto degli articoli 3 e 38 della nostra Costituzione, ormai lettera morta (e sepolta). È ancora civiltà questa?