Automotive in crisi, carenza di metalli e microchip: le auto ordinate non arrivano

Le ricadute sul mercato automobilistico a causa della carenza (e conseguente aumento di prezzo) di metalli - acciaio e rame in primis - ma anche di semiconduttori, ovvero i microchip, di cui le auto sono piene. Paolo Pozzi (Agrati): «Acciaio più caro del 30%, parti elettroniche in ritardo».
Reparto industrale di una catena di montaggio automobilistica
Reparto industrale di una catena di montaggio automobilistica

Se avete ordinato l’automobile nuova e tarda ad arrivare, sappiate che non è tanto per problemi delle case automobilistiche, quanto per la carenza (e conseguente aumento di prezzo) di metalli (acciaio e rame in primis) ma anche di semiconduttori, i microchips, di cui le auto sono piene.


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Paolo Pozzi, general manager Agrati Group

Anche il settore automotive ha risentito dell’accaparramento da parte della Cina: «Dal primo trimestre di quest’anno – spiega Paolo Pozzi, amministratore delegato della Agrati di Veduggio, che fornisce componenti alla maggior parte delle case automobilistiche – abbiamo avuto problemi di reperibilità dell’acciaio, dopo il forte rimbalzo del 3° e 4° trimestre 2020 a seguito della prima ondata Covid, durante i quali non c’erano stati problemi nella catena di fornitura».

Agrati, come molti altri del comparto automotive, ha dovuto far fronte a carenza di materiale e conseguente aumento di prezzo dell’acciaio: l’Anfia (l’associazione della filiera dell’industria automobilistica) ha stimato un aumento dei prezzi dell’acciaio, da giugno 2020 a gennaio 2021, di 300 euro a tonnellata in media.

«L’economia sta ripartendo – commenta Pozzi – ma a velocità diverse. La Cina è ripartita due trimestri prima dell’Occidente, s’è accaparrata materiale. Gli Stati Uniti sono anch’essi ripartti prima di noi. In Europa ci sono molte acciaierie e poco materiale da rottame. C’è anche un problema tecnico: diverse acciaierie ed altiforni in Europa hanno atteso a riaccendere a fine anno. Perché non puoi accenderli e spegnerli di continuo. Noi stessi nel primo trimestre 2021 abbiamo registrato un calo del 5% nella produzione rispetto al secondo semestre 2020». Le conseguenze sono state tempi di consegna allungati e prezzi aumentati: «Una tonnellata di acciaio è passata da 650/700 euro a quasi mille».

A questo si aggiunga, quando si è ripartiti dopo la prima ondata Covid, «la mancanza di container disponibili: il materiale da caricare era da una parte del mondo, i container vuoti dall’altra». I costi sono aumentati, «la produzione s’è fatta più difficoltosa, la gestione più complessa. Noi comperiamo acciaio in Europa ma il minerale arriva solo da Brasile e Australia. Ma se lo compera tutto la Cina, le acciaierie europee non possono lavorare. Anche la situazione dell’Ilva non aiuta: ha una capacità da 10 milioni di tonnellate l’anno ma ne produce solo 3-4: quindi l’acciaio manca sul mercato».

A mancare anche i semiconduttori: «Arrivano quasi tutti da Giappone e Taiwan. Con la pandemia del marzo 2020 sono scomparsi i semiconduttori per le auto perché i produttori si sono buttati sui semiconduttori per personal computer, telefoni, elettronica di consumo, prodotti “spinti” dal lockdown. A fine anno mancavano semiconduttori per l’automotive, a gennaio diverse case automobilistiche hanno dovuto fermare gli impianti. Ci sono gli ordini per le auto, che però non possono essere consegnate perché mancano dei pezzi».