Mucca Flò di Carate: «Un anno dopo la chiusura attendiamo ancora giustizia»

Oltre al danno, la beffa. È passato un anno da quando Mucca Flò ha chiuso serranda, ma una situazione di stallo lega le mani agli ex dipendenti della pizzeria-griglieria. Che per far valere i loro diritti stanno spendendo soldi e tempo passando per le aule di tribunale.
Tre ex dipendenti davanti alla pizzeria chiusa
Tre ex dipendenti davanti alla pizzeria chiusa

Oltre al danno, la beffa. È passato un anno da quando Mucca Flò ha chiuso serranda, ma una situazione di stallo lega le mani agli ex dipendenti della pizzeria-griglieria. Che per far valere i loro diritti, mentre l’amministratore Eugenio Erasmi è sparito dalla circolazione, stanno spendendo soldi e tempo passando per le aule di tribunale. Come se non fosse bastato perdere il lavoro da un giorno all’altro, senza alcun preavviso: era l’1 settembre di un anno fa.

«L’udienza per le opposizioni nella causa di accertamento è il prossimo 2 ottobre – spiega l’avvocato Barbara Masserelli, che sta seguendo 4 degli ex dipendenti del Flò -. Il tribunale di Como, in fase di insinuazione, non ha accolto le domande dei lavoratori nonostante fossero sostenute da ampia documentazione (il rigetto è stato dei primi di luglio, nda). Tra le altre cose, avevamo presentato documenti dell’Agenzia delle Entrate che attestavano l’esistenza dei rapporti di lavoro e i versamenti avvenuti fino allo scorso anno; il Cud che conferma le risultanze dell’Agenzia delle entrate; alcune buste paga con il tabellare riconosciuto».

Uno sforzo ingente che i lavoratori stanno sostenendo, ormai provati, per ottenere almeno il Tfr e le ultime 3 mensilità dovute e non percepite (comunque inferiori agli arretrati effettivi), seppure in maniera parziale. «È ciò che garantirebbe il Fondo di garanzia Inps, l’unico da cui possono attingere in queste condizioni» spiega l’avvocato. Già perché Erasmi, ultimo dei 7 soci che nel 1995 avevano aperto la pizzeria, oltre a non aver chiuso regolarmente attività e rapporti lavorativi in essere, «non ha presentato al curatore fallimentare, Elena Mognoni, alcun documento contabile o amministrativo relativo al personale».

Ma non è tutto, nell’assurda vicenda del locale di via Milano. La 48enne Nella Sciarra non ha potuto neppure chiedere la disoccupazione perché senza lettere di licenziamento «per l’Inps il rapporto è in essere; per il tribunale non è provata l’esistenza del rapporto di lavoro» spiega l’avvocato. Stessa sorte per le 28enni che lavoravano in sala, Farah Yasmeen e Gabriella Sacco (che fortunatamente hanno trovato una nuova occupazione in breve tempo) e per i 3 ragazzi impegnati in cucina. Nei mesi scorsi, la società è stata dichiarata fallita dal tribunale di Como, ma «l’immobile non è pignorabile perché è di proprietà di una immobiliare (che parrebbe riconducibile alla proprietà del locale)». «Uno non chiede chissà che cosa – dicono Nella e Farah -. Solo di vedersi riconosciuti i propri diritti ma temiamo che si risolva ben poco».