Il metrò a Monza non c’è per colpa dei commercianti: la bufala dura a morire

Il metrò non c’è a Monza perché non l’hanno voluto i commercianti: è il refrain sulla bocca di tanti, forse tutte. Ma è falso: il Cittadino ha ricostruito i perché di una bufala dura a morire.
Pendolari all'ingresso della stazione metropolitana
Pendolari all’ingresso della stazione metropolitana

Una volta per tutte: facciamo chiarezza. Sediamoci attorno a un tavolo e facciamo saltar fuori le prove. Perché a Monza, da oltre 50 anni, si discute di un tormentone che fa il pari solo con l’affaire Cascinazza: gira la voce che la metropolitana non sia mai arrivata nella città di Teodolinda perché i commercianti hanno sempre mostrato pollice verso, per paura di perdere clienti a favore degli esercenti della grande metropoli meneghina.

C’è della verità o parliamo di una leggenda… metropolitana? Invito raccolto. Davanti a un caffè, attorno a un tavolo, ma di un bar a pochi passi dalla sede in ristrutturazione dell’Unione commercianti di via De Amicis, siedono i personaggi che riassumono oltre mezzo secolo di storia degli esercenti cittadini.

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Da Dario Crippa, segretario dell’Unione dal 1962 al 1998, a Giuliana Pezzini, per trent’anni nella segreteria. Da Carla Pini, sorella di Umberto, figlia di Giuseppe (storiche guide dell’Unione monsciasca) e oggi vicepresidente, a Gianpietro Meroni, vice presidente vicario. Per concludere con Domenico Riga, presidente dal giugno del 2016. La memoria storica è Dario Crippa: «Più volte il nostro direttivo, prima e dopo l’inaugurazione del metrò milanese nel novembre del 1964, ha preso posizione ufficiale a favore del prolungamento della metropolitana fino a Monza, se c’è un mistero questo è di carattere politico».

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Tesi confermata da Carla Pini quando ricorda che papà Giuseppe, per 40 anni presidente dell’Unione, in veste di assessore comunale dc appoggiò il progetto dell’ingegnere Giorgio Bologna per allungare la “rossa” da Sesto Marelli al Parco di Monza. Ma non nega che, in questi decenni, qualche altro autorevole componente dell’associazione di via De Amicis, si sia messo di traverso. «Si è trattato comunque – la vicepresidente precisa- di prese di posizione del tutto personali e isolate».

Anche per Giuliana Pezzini questa storia è tutta una leggenda metropolitana, «una leggenda che a qualcuno fa comodo». Ma chi è quel qualcuno? Per Riga, «chi non ha voluto la metropolitana ha cercato di lasciare il cerino acceso in mano a noi». «Non c’è mai stato un nostro atto ufficiale- continua l’attuale presidente degli esercenti monzesi- contro la metropolitana, per noi è fondamentale che le prossime amministrazioni comunali lavorino per portare il metrò a Monza e per rendere sempre più attrattiva la nostra città. Non facciamoci trovare impreparati. Già trent’anni fa i milanesi venivano a Monza a comperare nei nostri negozi. No, non siamo mai stati così potenti da poter mettere il veto sul questa linea di trasporto».

Insomma, nessuno pronuncia chiaramente la parola “politica”. Ma pare arrivi proprio da lì chi ha messo in giro, secondo i commercianti, la leggenda metropolitana del “no” al collegamento con Milano.

Non c’è solo il progetto affondato di Giorgio Bologna nel 1960. A rincarare la dose ci pensa un autorevole personaggio monzese che, quarant’anni fa, non faceva il commerciante ma era già un affermato commercialista temporaneamente prestato alla politica. «A metà degli anni Settanta- chi parla è Claudio Viganò, allora vicesindaco e assessore democristiano alle Municipalizzate- ero anche nel consiglio d’amministrazione di Metropolitana milanese. In consiglio comunale a Monza venne portato in discussione il prolungamento del metrò che, passando da Monza, doveva avere come capolinea Vedano al Lambro. Il progetto, che, particolare non trascurabile, aveva parere favorevole da MM, appoggiato fermamente dal suo presidente Antonio Natali, fu affossato dalle forze politiche di sinistra. Fu un errore gravissimo che ancora oggi stiamo pagando. E si pensò bene, allora, di scaricare le colpe sui commercianti che non avevano alcuna responsabilità di questa bocciatura».