Bames: finita la “cassa”, in trecento vanno in mobilità

Il giudice fallimentare ha detto no a una nuova proroga. Stessa sorte toccherà ai primi di cembre a 80 addetti di Sem. Tutto ciò quando sembra che la auspicata reindustrializzazione dell’area stia per muovere qualche passo
Bames: finita la “cassa”, in trecento vanno in mobilità

Via alla mobilità per 300 lavoratori di Bames. Venerdì era l’ultimo giorno utile per siglare la proroga della cassa integrazione, scadenza che la curatela subentrata dopo il fallimento dell’azienda ha deciso di far passare senza avanzare alcuna istanza di rinnovo dell’ammortizzatore sociale, istanza indispensabile perché Regione Lombardia e governo potessero avallarne la proroga.

Stessa sorte toccherà dunque ai primi di dicembre all’ottantina di dipendenti di Sem, l’altra costola di ex Celestica azzerata e anch’essa fallita. Dopo otto anni di cassa integrazione applicata quasi senza soluzione di continuità e dopo la desertificazione pressoché totale dell’area di via Lecco avvenuta sotto l’egida imprenditoriale della famiglia Bartolini, oggi si chiude anche la parabola occupazionale con il licenziamento di quasi 400 persone entro la fine dell’anno.

E tutto ciò accade proprio quando la tanto attesa reindustrializzazione parrebbe sul punto di muovere qualche primo passo concreto, visto che Regione e governo sembrano in piena sintonia nel puntare l’attenzione su questa parte di Brianza e sul settore delle telecomunicazioni e della microelettronica per rilanciarne il mercato, e dunque l’occupazione, su scala nazionale.

Questioni che dovrebbero essere discusse, con il focus su ex Celestica, nell’incontro che l’assessore regionale alle attività produttive Mario Melazzini si è impegnato a richiedere al Ministero dello Sviluppo economico al più presto; una data possibile potrebbe essere inserita in agenda per la prossima settimana, troppo tardi comunque perché all’ordine del giorno s’intrecci anche la questione dell’ammortizzatore sociale.

Nei giorni scorsi i sindacati avevano chiesto al giudice della procedura fallimentare di bypassare l’ostracismo della curatela e di valutare l’opportunità di presentare domanda di proroga della cassa integrazione, ma il giudice ha declinato l’invito ritenendo non vi fossero le condizioni dato il contesto fallimentare e dunque l’inopportunità di investire denaro pubblico per dare continuità di un pacchetto occupazionale congelato da anni e senza sbocchi.

“Sappiamo che la proroga di sei mesi della cassa integrazione, a questo punto, non sarebbe certo bastata per agganciare la ripresa produttiva che pure auspichiamo possa domani derivare dalla reindustrializzazione dell’area – ha commentato Gigi Redaelli, segretario generale Fim Cil Brianza -. Ma sei mesi di cassa avrebbero dato ossigeno in più a molti lavoratori”, rinviando la partenza della mobilità e in molti casi favorendo un passaggio lineare al pensionamento.