La follia d’amoredi suor Roberta

La follia d’amoredi suor Roberta

Ci sono storie che entrano nel cuore. E non si dimenticano. Ci sono volti che colpiscono. E suor Roberta, medico e missionaria monzese della parrocchia San Giuseppe, è uno di questi. Il sorriso è la sua forza. Lei parla di “follia d’amore” per spiegare la sua missione, per far capire agli altri cosa l’ha portata lontana da Monza, vicino a più poveri. Una follia d’amore. Perché l’amore ha sempre un pizzico di follia, ancora di più se porta dall’altra parte del mondo, ad aiutare gli altri. Raccontiamo qui questa follia che vale la pena di conoscere. E sostenere da lontano.
a.m.
a.monticelli@ilcittadinomb.it

Monza – La sua comunità l’ha salutata con affetto e tanta commozione. Molti l’hanno abbracciata con le lacrime agli occhi. Suor Roberta Pignone è ripartita per il Bangladesh dopo aver trascorso un mese e mezzo con la sua famiglia “allargata”: i suoi cari, la parrocchia di san Giuseppe e le suore Missionarie dell’Immacolata di via Mantegna. Roberta era serena, per tutti aveva un sorriso, una parola di conforto, la promessa di mantenersi sempre in contatto con amici e conoscenti monzesi grazie alle nuove tecnologie. “E’ stato un periodo molto bello, molto intenso quello trascorso a Monza-sottolinea suor Roberta- ma se proprio devo indicare due episodi particolarmente toccanti direi la mia professione dei voti perpetui di domenica 13 gennaio (presieduta dal vescovo di Novara monsignor Franco Giulio Brambilla con una quindicina di concelebranti) e la novena di Natale con i bambini del catechismo. Spero di aver trasmesso alla mia comunità l’entusiasmo e la bellezza della mia scelta di servire gli ultimi”.

Suor Roberta, che è medico, è tornata al “suo” ospedale, il Damian Hospital sorto 26 anni fa a Khulna, nel sud del Bangladesh. “Qui sono ricoverati malati di lebbra, di tubercolosi e di Aids- spiega- Sono persone vittime della povertà, della malnutrizione, della mancanza di igiene. Il compito del personale sanitario non è solo quello di curare ma anche di far conoscere queste malattie, di sensibilizzare la gente a tenere comportamenti corretti”. La giornata di suor Roberta inizia presto. “Prego insieme alle mie consorelle, un’italiana, due bengalesi e una cinese e poi raggiungo l’ospedale dove prego insieme ai malati e ai colleghi. Ognuno prega a seconda del suo credo religioso con l’unica certezza di affidare la giornata a Dio e posso assicurare che è un momento davvero coinvolgente”. Suor Roberta raggiunge poi i dispensari dei villaggi vicini e nel pomeriggio si dedica o al lavoro organizzativo in ufficio (“talvolta un po’ noioso” confida) o agli incontri con la gente.

“Questi sono i momenti più stimolanti- riprende- a loro insegno come curarsi e come prevenire le malattie e mi rendo conto del loro straordinario bisogno di attenzione, di amicizia, di contatto umano”. Suor Roberta ha studiato il bengalese (“perché per entrare nel cuore e nella cultura altrui bisogna parlare la stessa lingua” afferma) e giorno dopo giorno queste persone le trasmettono una forza straordinaria tanto che alla sera, dopo aver ringraziato Gesù insieme alle sue consorelle, non disdegna di sedersi davanti al computer per “salutare” i suoi amici monzesi.

 Gli amici monzesi – “La mia comunità mi è sempre stata vicina con la preghiera e l’affetto-ribadisce- nelle ultime settimane mi ha sostenuto ed accompagnato verso il mio si definitivo al Signore. Che cosa chiedo adesso? Che i miei conoscenti continuino a ricordarmi nelle preghiere per dare sempre forza a quella che io chiamo la mia follia d’amore. Tutto il resto poi lo farà Lui”.

Annamaria Colombo