Tutte le indicazioni arrivate dalle prove libere e dalla qualifica del GP del Giappone si sono verificate esattamente anche nella gara. Sulla tecnicissima pista di Suzuka, Lewis Hamilton ha vinto la gara, indisturbato in testa dall’inizio alla fine proiettandosi a grande velocità verso il quinto titolo mondiale. Lewis ha cercato anche il “Grand chelem” – pole, vittoria e giro veloce – che Sebastian Vettel, a due giri dalla fine, gli ha negato conquistando il miglior tempo sul giro.
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Una magra consolazione per la Ferrari, in difficoltà dopo il gran ritorno della Mercedes e squassata anche da contraddizioni interne che Maurizio Arrivabene ha cercato di allontanare da una vera e propria crisi dicendo: “All’interno di un team possono esserci discussioni anche accese, ma questo non vuol dire che ci siano screzi. A volte viene definito dissenso una semplice differenza di opinioni. Questa diversità è fondamentale, perché ci fa parlare a viso aperto, cercando di trovare una soluzione comune. Capita poi di tirar fuori delle argomentazioni in una direzione che piace ad alcuni e non ad altri. Ma le discussioni non mi fanno paura, al contrario mi spaventa il silenzio. Se si parla sul tavolo arriva la verità, i problemi arrivano con il silenzio e la malafede. Se i dissidi interni sono percepiti tali perché all’interno ci sono discussioni, ben vengano”.
Posso capire lo stato d’animo di Arrivabene, la cui posizione sta un po’ traballando. Inutile nasconderselo: da Monza in avanti, la Ferrari ha perso tutto il vantaggio che aveva sui piloti Mercedes e sulla squadra tedesca. Un mondiale che sembrava indirizzato verso Sebastian Vettel è stato gettato al vento, dal team e soprattutto dal pilota. Perché se Hamilton vincerà la prossima gara, ad Austin in Texas, sarà aritmeticamente campione del mondo. E se Vettel non prenderà punti, ad Hamilton basterà conquistarne 8, cioè sesto posto al traguardo, per raggiungere Juan Manuel Fangio sul tetto dei cinque titoli mondiali; e alla Mercedes per vincere altrettanti titoli iridati dei costruttori con tanti ringraziamenti alla Ferrari per i regali fatti.
Nella gara di Suzuka, Sebastian Vettel è partito in modo esemplare, nel primo giro ha effettuato quattro sorpassi a pennello portandosi nelle posizioni avanzate. Poi, per caso o per nemesi, ha perso un duello con Max Verstappen che, precedentemente, aveva avuto un contatto anche con Raikkonen in seguito al quale era stato penalizzato di 5 secondi, punizione che gli ha negato la possibilità sia di superare Bottas sia di andare a insidiare il primato di Hamilton. Perché la gara di Mad Max è stata davvero super. Ormai il giovane olandese ha superato il suo eccessivo ardore giovanile che lo portava a commettere errori evidenti e a incappare in incidenti evitabili con maggior senno. Verstappen di errori non ne fa più, ha imparato anche a temporeggiare nelle situazioni complicate, pur non negando alle corse le sue grandi doti tecniche e agonistiche.
Ferrari adios. Il 2018 si è concluso negativamente e questo deve far riflettere il vertice di Maranello. Anche a breve termine, per preparare la stagione 2019 al meglio. Perché l’anno prossimo, la Ferrari non dovrà combattere contro la sola Mercedes ma anche con la Red Bull motorizzata Honda. La marca giapponese sta arrivando al massimo delle proprie potenzialità e c’è da giurare che l’anno prossimo sarà grande protagonista. Senza, poi, trascurare la Renault che quando meno te l’aspetti può arrivare con soluzioni tecniche e tecnologiche di grande rilevanza.
Penso allora che già a Austin, o al massimo in Messico, la Ferrari debba già provvedere al cambio di piloti. Charles Leclerc in rosso, per abituarlo fin da questa stagione alla grande squadra; Kimi Raikkonen in Alfa Sauber per cominciare da subito a dare il proprio contributo a un team che vuole diventare grande.