A Monza, città di storia, eleganza e automobili veloci, il vero sport estremo è riuscire a prenotare una visita dal medico di base. Senza sentirsi come Totò in “Guardie e ladri” in cerca del dottore della mutua. Quell’epoca in cui il medico era quasi un mito. Riceveva pazienti in un ambulatorio pieno di polvere e tu aspettavi ore con la cartella in mano pregando che ti guardasse almeno una volta negli occhi? Bene, oggi non è cambiato granché. Il mito è diventato leggenda, ma le file infinite, le attese e le scartoffie sono peggiorate.
Code, rinvii e telefoni che squillano senza sosta, il nostro dottore di fiducia sembra un incrocio tra un equilibrista e un supereroe senza mantello. Perché la realtà è questa. I medici di famiglia non bastano, e quelli che ci sono sono così oberati di lavoro che probabilmente hanno dimenticato che anche loro respirano. In fondo, Monza è la città delle eccellenze. Eccellenza nei gelati, nei negozi di lusso, negli eventi culturali… peccato che la sanità di base sembri ancora una disciplina da retrovia. Tra burocrazia, scarsità di personale e un sistema che premia tutto tranne chi cura, il rischio è che il nostro dottore di fiducia diventi una chiacchiera metropolitana. Come il treno che parte in orario o il parcheggio gratis in centro.
Ogni medico a Monza segue circa 1.600 pazienti, una specie di mini-stato con bisogni, richieste e emergenze proprie. Provate a immaginare: una borsa di studio più bassa di quella di altre specializzazioni, montagne di burocrazia, orari che assomigliano a turni da maratoneta e pazienti che, con la migliore delle intenzioni, chiamano anche per sapere se il raffreddore può passare da solo. L’eroismo in camice bianco ormai non si misura in lauree o specializzazioni, ma in resistenza agli appelli telefonici.