Mercatone Uno: la busta paga della cassa integrazione è una mancia, chiesto incontro urgente al Mise – VIDEO

VIDEO Parla Zingaretti (Pd) - Ecco gli importi degli ammortizzatori sociali per i dipendenti della Mercatone Uno: 28 euro netti, la cassa è praticamente una mancia. I sindacati chiedono incontro urgente al ministero. La denuncia del segretario Pd Nicola Zingaretti.
Il primo stipendio di Mercatone uno con gli ammortizzatori sociali
Il primo stipendio di Mercatone uno con gli ammortizzatori sociali

Un ammortizzatore sociale che assomiglia a una “mancia”. La conferma viene dalla prima busta paga con la cassa integrazione. Vale per una settimana di lavoro, quella finale del mese di maggio, visto che il calcolo parte dal giorno 24 (la parte precedente verrà insinuata nel passivo del fallimento) ma fa capire quale sia l’entità delle cifre spettanti alle lavoratrici e ai lavoratori di Mercatone Uno: 116 euro lordi , 28 euro netti. È la busta paga di una mamma. Soldi che calcolati su base mensile diventano più o meno 400. E che, comunque, al momento non sono ancora stati erogati.

La questione è stata affrontata anche dal segretario del Pd Nicola Zingaretti. “Per questo continuiamo a dire concentriamoci sul lavoro, sulla crisi, sugli investimenti produttivi, sul sostegno alle aziende – ha detto in un video mostrando la busta paga – Rimettiamo al centro il lavoro, perché dietro questi numeri ci sono degli esseri umani che vivono in queste condizioni”.

IL VIDEO DI NICOLA ZINGARETTI

Ecco perchè i dipendenti, rimasti senza un impiego dopo il fallimento della Shernon, la società che si era presa in carico i 55 punti vendita del marchio compreso quello brianzolo di Cesano Maderno, continuano a chiedere attraverso i sindacati che si metta mano alla loro situazione. Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs hanno inviato al ministro Luigi Di Maio, alla struttura del Ministero , all’Inps e ai commissari straordinari di Mercatone Uno all’inizio di luglio una richiesta di convocazione immediata sottolineando «l’urgenza di una risposta integrativa al reddito».

Per contribuire al rilancio della società annunciato da Shernon avevano accettato riduzioni di orario e stipendio, il congelamento degli scatti, in cambio della promessa di lavoro per due anni e di altre assunzioni. Promesse totalmente disattese tanto che Shernon è fallita. Si è retrocessi così, con commissari diversi, all’amministrazione straordinaria, già in essere prima del tentativo concluso con il fallimento. Per i dipendenti tuttavia il tempo non è tornato indietro: si sono dovuti tenere i contratti part time, senza la possibilità di vedersi riconosciuto tutto quello a cui avevano rinunciato. La cassa calcolata su queste basi, però, è davvero misera cosa. Le insistenze su questo punto fino a questo momento non hanno scalfito commissari e Mise: il Ministero, pur disponendo in tempi veloci la cassa integrazione sull’entità dell’ammortizzatore ha fatto orecchie da mercante.

La settimana scorsa al Ministero per lo Sviluppo economico si è tenuto, invece, un incontro con i fornitori, anche loro rimasti con un palmo di naso dopo la chiusura dei negozi. Un emendamento nel Decreto Crescita ha allargato la possibilità di accedere al fondo per il credito, anche se pure in questo caso non si tratta di procedure immediate. I fornitori, molti dei quali si sono riuniti in una Associazione che ora rappresenta oltre il 50% dei crediti e nella quale sono presenti anche soci brianzoli, sono preoccupati perchè sono state distinte due procedure, l’amministrazione straordinaria e il fallimento Shernon, con quest’ultima chiamata ad occuparsi di magazzino e contratti dei clienti. Una situazione che potrebbe portare a una class action che danneggerebbe ulteriormente il marchio Mercatone Uno.

«Gli impegni presi in occasione del primo incontro con i fornitori sono stati mantenuti – ha intanto dichiarato il sottosegretario Davide Crippa- Il continuo dialogo sottolinea quanto il Ministero dello Sviluppo Economico consideri strategico il ruolo dei fornitori. Auspichiamo un loro passo avanti, come soggetti che potenzialmente possono essere interessati a diventare anche acquirenti, in quota o in tutto, dell’azienda oggi in difficoltà». L’idea sarebbe quella di trasformare i crediti in capitale di una nuova società che gestisca il rilancio. Non è detto che in questo progetto rientrino tutti i punti vendita.