Sei un voucherista e non sai come fare? Ci pensa Cgil di Monza. Il sindacato di via Premuda è pronto alla “fase 2” della battaglia contro i ticket da mini lavoro. Dopo il dietrofront del governo e lo stop conseguente al referendum, si è aperto il periodo di transizione. Da pochi giorni, infatti, non è più possibile acquistare i ticket e quelli già sul mercato dovranno essere spesi entro il 31 dicembre prossimo.
In attesa della definitiva estinzione dei voucher, però, bisogna pensare a come sostituire uno strumento controverso la cui assenza ora, comunque, pone un problema di alternative.
I voucheristi di Monza e Brianza sono 18.500, ma la stima è al minimo. Il dato è stato elaborato da Cgil e dall’analisi dei numeri è emerso che il 44,79% dei ticket da mini lavoro (il 44,79%) è stato utilizzato in attività “non classificate”. In Italia solo lo 0,6 per cento dei voucher è stato utilizzato per lavori di tipo domestico, ripetizioni e piccole attività saltuarie.
Per i lavoratori cambia poco dal punto di vista pratico ed è per questo che Cgil Monza e Brianza ha deciso di lanciare una campagna di assistenza al popolo dei voucher. Consulenze on line e momenti di incontro dedicati a coloro che finora percepivano il loro stipendio sotto forma di “buono”.
«Non si tratta di assemblee in cui si racconta cosa sono i voucher in generale – precisa Maurizio Laini, segretario generale Cgil MB – Sono incontri personalizzati in cui si spiega ad ogni singolo lavoratore quale alternativa contrattuale può chiedere al posto del voucher».
Il servizio è su misura, ma si fonda su uno dei principi che hanno ispirato il referendum. Ossia, la presenza, già oggi, di forme contrattuali alternative al voucher.
«Attualmente la legislazione italiana – spiega Laini – prevede 46 forme contrattuali, tutte legittime, che normano anche il lavoro famigliare, quello saltuario e così via. Non è vero che non esiste un’alternativa, come si sta dicendo in questi giorni, e soprattutto non è vero che l’alternativa al voucher è l’assunzione a tempo indeterminato».
Forme contrattuali flessibili, dunque, che regolano il cosiddetto precariato esistono, ribadisce Cgil. Un esempio? I contratti a chiamata. «Sono tipologie che si differenziano dal voucher significativamente – prosegue il segretario generale – I ticket erano una modalità di retribuzione che non prevedeva nemmeno il nome e cognome del lavoratore. Non si può avere nostalgia dei voucher».
Un addio senza rimpianti che, per Cgil, potrà contare sia, come si diceva, sull’attuale legislazione, ma anche sulle proposte contenute del disegno di legge di iniziativa popolare che il sindacato di Susanna Camusso ha promosso contestualmente ai quesiti referendari.
«Hanno accusato Cgil di fare una campagna ricattatoria – continua Laini – In realtà abbiamo presentato un disegno di legge di iniziativa popolare in cui si parla espressamente, agli articoli 80 e 81, di alternativa ai voucher. Il progetto di legge è stato incardinato ai lavori della commissione Lavoro del Senato e prima o poi sarà discusso dal Parlamento».
Nell’attesa le consulenze ai lavoratori e l’analisi anche delle critiche: «I voucher erano un’operazione estremamente semplice, lo capisco – dice Laini – e capisco che per le aziende fosse uno strumento molto facile. Difficilmente ce ne saranno altri altrettanto semplici. Ma le alternative sono solo leggermente più complesse, nel senso che per alcune basta un clic sul sito dell’Inps per il versamento dei contributi e il nome e cognome del lavoratore».
E il lavoro nero? L’accusa, nemmeno troppo velata, di incentivare il ritorno al nero è fastidiosa.
«Dà fastidio più che altro l’ignoranza – conclude il segretario generale monzese – soprattutto se le critiche sono strumentali o per mera ideologia. Per quanto riguarda il lavoro nero (che in Italia è stimato per un valore di circa 100 miliardi di euro dei quali la Brianza rappresenta circa il 2 per cento, nda), la verità è che dopo la fine dei voucher non succederà proprio niente, perché chi vuole fare il nero continuerà a farlo».