C’è chi finisce nelle intercettazioni perché combina qualcosa. E chi ci finisce perché ha uno zio e degli amici troppo espansivi al telefono. Luca Faraone da Carate appartiene alla seconda categoria. In una recente inchiesta di giudiziaria, un signore con parentele ingombranti avrebbe “suggerito” ai suoi di votare per lui nelle elezioni amministrative di Carate di qualche anno fa. Novantatre (93) preferenze. A metterci il carico di briscola oltre ai “conoscenti” pure lo zio.
Peccato che lo “sponsorizzato” non sapesse nemmeno di avere tanto tifo organizzato. Lui non è indagato, lo zio nemmeno, unico difetto che tutti e due arrivano dalle parti della Sila. Luca Faraone, giovane consigliere caratese, di Fratelli d’Italia, è l’opposto del cliché da sottoscala mafioso: studia i dossier, va ai consigli comunali, non mena le mani e, dicono, paga pure il caffè a turno. Il suo unico vero difetto? Essere un “terrone calabrese” come l’altro zio più famoso, Pietrogino (morto nel 2016). Cosa che, in Brianza basta a far partire la scomunica preventiva.
A dire la verità ha anche un difetto che colpisce i più giovani: piace fare le foto sui Social (all’interno ampia documentazione in merito…). Chi conosce Luca Faraone lo descrive come un ragazzo serio, ambizioso e con una certa dose di ironia. Certo, il fatto che qualche “chiacchierato” amico abbia avuto la brillante idea di invocare il voto per lui non è un assist ideale. Ma da qui a trasformarlo in un romanzo criminale ce ne passa. Se bastasse una parentela per sporcarsi la fedina politica, mezza Italia dovrebbe ricorrere all’anagrafe protetta. “Sono calabrese e nessuno crederà alla mia innocenza”. In un’epoca in cui molti politici faticano a trovare qualcuno disposto a salutarli, avere uno zio (vivo) che ti vota con troppa convinzione dovrebbe essere considerato, se non un vanto, almeno una rarità etnografica.