«La fecondazione eterologa è contro l’embrione, la coppia e il figlio»

Parla Adriano Pessina, monzese,nominato da Papa Francesco membro del consiglio direttivo della Pontificia Accademia per la Vita. È professore ordinario di Filosofia morale e direttore del Centro di ateneo di bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Monza - Adriano Pessina, esperto di bioetica
Monza – Adriano Pessina, esperto di bioetica

Il divieto di fecondazione eterologa è incostituzionale. Lo ha stabilito a giugno la Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità della norma della legge 40 del 2004 che vieta il ricorso a un donatore esterno di ovuli o spermatozoi nei casi di infertilità assoluta.

In assenza di una legge del parlamento, le Regioni hanno deciso di procedere autonomamente. In Toscana e in Emilia Romagna si è deliberato di consentire alla fecondazione eterologa nei centri Pubblici e privati convenzionati al costo del solo ticket . La fecondazione eterologa costerà tra i 400 e i 600 euro a seconda del ticket fissato dalle diverse regioni, mentre la fecondazione omologa (con ovuli e spermatozoi della coppia) è attualmente gratuita nei centri pubblici e privati convenzionati in tutta Italia. Per chi ricorre all’eterologa per via privata i costi lievitano da 1500 a 4000 euro.

La Lombardia non si è allineata con le altre Regioni: in attesa di una legge del parlamento ha ritenuto di far pagare interamente il costo della fecondazione eterologa. La scelta pro o contro l’eterologa da parte degli amministratori non esime i cittadini, ad ogni livello, di riflettere sull’argomento. In tale senso pubblichiamo l’intervista ad Adriano Pessina, monzese,nominato da Papa Francesco membro del Consiglio direttivo della Pontificia Accademia per la Vita. È professore ordinario di Filosofia morale e direttore del Centro di Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Professore, ci può riassumere qual è la posizione della Chiesa sulla fecondazione eterologa?

“La Chiesa ha esposto i suoi argomenti fin dal 1987 nella “Donum Vitae”, dichiarando

che ogni forma di generazione in vitro, omologa e eterologa, non è pienamente rispettosa e della vita del nascituro e dei caratteri propri della procreazione umana. Non è in discussione il desiderio di avere figli e di vincere la sterilità, ma il modo con cui si risponde a questa esigenza profondamente umana. Con la fecondazione in vitro, di fatto i genitori delegano alla tecnica l’origine del loro figlio, mettendo in conto che ciò potrà comportare la morte degli embrioni umani che non si annideranno nel grembo materno. L’eterologa dilata e moltiplica i problemi, introducendo nella vita di coppia una figura estranea, il cosiddetto donatore -di ovocita o di spermatozoi- che in realtà è un genitore biologico, e priva il figlio del diritto di avere genitori certi”.

Quali sono le implicazioni etiche in gioco?

“Cambia il significato della genitorialità e si dissolvono volontariamente, con la complicità della tecnica, i legami parentali. Avremo una madre gestante e partoriente che non sarà la madre biologica o un padre sociale che sarà diverso da quello biologico. Ci saranno persone che, donando ovociti e spermatozoi, saranno genitori anonimi di figli altrui, di cui non si prenderanno mai cura. Il bambino frutto dell’eterologa avrà dei fratelli biologici generati con gli ovociti o gli spermatozoi dello stesso “donatore” anonimo. I figli cercheranno i loro veri genitori e la stessa relazione di coppia andrà incontro a problemi di identità”.

La Lombardia ha deciso che la fecondazione eterologa non sarà a carico del Servizio sanitario nazionale.

Come vede questa scelta?

“L’eterologa, al di là delle obiezioni etiche, non è un né diritto né una terapia che debba essere garantita dal servizio sanitario”.

Chi sostiene l’eterologa porta l’esempio di donne in menopausa precoce o che per cure chemioterapiche non potrebbero diventare madri se non tramite la donazione di ovociti da un’altra donna. In questi casi come vede il ricorso alla fecondazione eterologa?

“Dal punto di vista emotivo è evidente l’impatto di questo argomento, ma bisogna intendersi sul significato di maternità. Chi ricorre all’ovodonazione ha l’esperienza della gestazione e del parto, ma sa che il figlio, che magari un giorno vorrà conoscere la vera madre, è in realtà della donna che ha dato gli ovociti. L’eterologa introduce problemi affettivi ed effettivi che non andrebbero sottovalutati”.

La donazione di ovociti implica per le donne donatrici una procedura medica non da poco. Per questo negli altri Paesi le donatrici ricevono un compenso per ogni donazione. Si può allora parlare ancora di donazione?

“Con o senza compenso, il concetto di dono è equivoco. La donatrice contribuisce alla nascita di vari figli di cui si disinteresserà. Il corpo della donna è strumentalizzato, diventa un puro mezzo riproduttivo a basso costo”.