«Vicino di casa violento a parole e nei modi: cosa possiamo fare?»

Per un vicino violento nelle parole e nei modi si può parlare di stalking condominiale? Risponde l’avvocato Marco Martini del Foro di Monza.
Condominio vicini - rawpixel.com/it.freepik.com
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Buon giorno. Siamo due sorelle, viviamo insieme a nostra madre, anziana ed handicappata (è in sedia a rotelle). Da quando ci siamo trasferiti nella nuova abitazione, fin da subito, abbiamo avuto problemi con il vicino di casa. I comportamenti, inizialmente solo verbali, sono diventati via via più aggressivi e minacciosi. Ci urla addosso ogni epiteto ogni volta che ci vede, ci minaccia, augurandoci la morte ogni volta che può, abbiamo trovato la porta di casa e la porta del garage ricoperta di graffi, la cassetta delle lettere spesso è piena di mozziconi di sigarette (il soggetto è gran fumatore); in qualche occasione ci ha lanciato addosso dei secchi di liquido (coltiviamo la speranza che fosse solo acqua); siccome i nostri appartamenti confinano e le pareti sono sottili, sentiamo spesso che questo soggetto colpisce il muro fortissimo, utilizza elettrodomestici a qualsiasi ora del giorno e della notte, per fare rumore ed impedirci di riposare. Nel passato abbiamo sporto delle denunce per minaccia ma non hanno portato ad alcun risultato. Ora però siamo stanche, abbiamo paura anche perché questo signore è anche pluripregiudicato. I comportamenti di questo tizio sono tali che abbiamo paura ad uscire dalla porta di casa, a volte siamo state seguite, sia a piedi, che con la bicicletta che con l’autovettura. Siamo cosi spaventate e tormentate che abbiamo dovuto, noi due figlie, ricorrere al medico di base, il quale ci ha indirizzato ad uno specialista, che ci ha prescritto dei tranquillanti. Abbiamo sentito parlare dello stalking condominiale, ma non sappiamo bene di cosa si tratti, vorremmo avere un consiglio.

Buon giorno.

Mi pare opportuno evidenziare che non esista nel codice penale una norma che sanzioni lo stalking condominiale, come lo avete definito voi e come viene peraltro descritto in internet; così come non esiste, così ho letto, lo stalking giudiziario (il caso era peraltro quello di un avvocato che aveva subissato di azioni civili un ex cliente). Esiste solo una norma che è quella di cui all’art. 612 bis C.P.

Questo reato sanziona la condotta di chiunque con condotte reiterate minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La condotta è sanzionata con la pena della reclusione da un anno a sei anni e sei mesi, almeno a far tempo dal 19 luglio 2019 (in precedenza la pena era da sei mesi a cinque anni).

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge anche separato o divorziato o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici. E la pena poi è ulteriormente aumentata fino alla metà se il fatto è commesso ai danni di un minore di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui alla L.104 ovvero con armi o da persona travisata.

Il reato si chiama atti persecutori. Di questi tempi tendiamo tutti ad utilizzare termini di origine straniera, mi pare, per quel che può essere il mio personale punto di vista, che quello italiano renda assai di più e consenta di comprendere di cosa si sta discutendo. Vi devono infatti essere una serie (per la Cassazione in verità ne bastano due) di comportamenti tali da ingenerare nella persona offesa uno stato di grave ansia o paura o timore per la propria incolumità o quella di un proprio caro. Le condotte vessatorie devono in sostanza essere tali da incidere sulla vita quotidiana della persona offesa.

Sicché il termine stalking condominiale o giudiziario è inappropriato, trattandosi comunque sempre di atti persecutori posti in essere da un soggetto nei confronti di un altro.

Può accadere, come accade di sovente, tra soggetti che hanno o hanno avuto una relazione sentimentale, le cronache giornalistiche sono oramai piene di notizie che trattano questi casi; purtroppo molte volte poi gli episodi degenerano in altri assai più violenti; ma può accadere anche in contesti lavorativi o in contesti condominiali, come nel vostro caso.

Sulla base di quanto mi scrivete, posso pensare che possiate procedere con una querela per violazione da parte di questo signore dell’art. 612 bis C.P., nel caso che ci occupa anche aggravato attesa la disabilità che affligge vostra madre, sempre che le condotte vessatorie abbiano inciso anche sulla signora. Se fosse cosi, il procedimento, che potrebbe nascere con querela da parte vostra, diventerebbe procedibile d’ufficio; se invece non sia possibile dimostrare che le condotte abbiano avuto anche vostra madre come persona offesa, la vicenda, che nasce a querela, potrebbe chiudersi con una remissione di querela processuale. In ogni caso la querela sarebbe irrevocabile se il fatto è stato commesso con minacce reiterate nei modi di cui all’art. 612 secondo comma C.P. Si tratta dell’ipotesi disciplinata al secondo canone dell’art. 612 C.P., minaccia, che sanziona la condotta di chi minaccia in maniera grave. Il termine per la proposizione della querela è, per questo reato di sei mesi (di norma, per gli altri reati, è di tre mesi).

Dalla lettura della vostra lettera non sono in grado di discutere in ordine alla gravità della minaccia che costui avrebbe posto in essere nei vostri confronti. Peraltro, la reiterazione delle condotte appare evidente e, sotto il profilo della durata della persecuzione, nel corpo della denuncia querela sarebbe utile richiamare le denunce proposte in tempi precedenti, chiedendo la riunione del presente procedimento a quelli già incardinati, se tuttora pendenti nella stessa fase (indagini preliminari).

Se le condotte poste in essere dal Vostro vicino di casa sono di certa gravità, è possibile avanzare al PM anche una richiesta di misura cautelare. Se il Pm riterrà di accogliere la vostra richiesta, il GIP potrà decidere se convenire con quanto sostenuto dalla procura e disporre per esempio l’applicazione di una misura cautelare come quella del divieto di avvicinamento alle Vostre persone. Il problema, ovvio, è che vivendo nello stesso condominio diventa inevitabile un contatto seppure occasionale e quindi in sostanza inapplicabile, a meno che il soggetto non possa godere di un diverso domicilio.

Se il PM riterrà di concludere il procedimento ritenendo di richiedere il rinvio a giudizio, la richiesta verrà inviata dagli Uffici della Procura al GIP (Giudice per le indagini preliminari) che dovrà fissare udienza preliminare per decidere sulla richiesta del PM. All’udienza preliminare il Giudice potrà verificare le eventuali richieste di riti alternativi dell’imputato o decidere, in assenza, sulla richiesta di rinvio a giudizio. In occasione dell’udienza preliminare Voi vi potrete costituire parte civile, allo scopo di richiedere, nel processo penale, il ristoro dei danni, materiali e in questo caso soprattutto morali patiti.

Il suggerimento che posso dare è di affidarsi ad un legale per la redazione materiale della querela, affinché poi possiate essere assistite nel corso del procedimento in fase di indagini preliminari e poi con la costituzione di parte civile, qualora vi fosse l’udienza preliminare. Come forse saprete, in tema di patrocinio gratuito, l’art. 76 del T.U. in materia di spese di giustizia (DPR 115/2002) stabilisce che la vittima di gravi delitti contro la persona, tra i quali quello p. e p. dall’art. 612 bis C.P. può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di redditi previsti dal decreto. Ne segue che potreste individuare un legale esperto in materia che sia iscritto nell’elenco del patrocinio a spese dei non abbienti e farsi assistere senza dover anticipare alcun costo.

Avv. Marco Martini *

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Studio legale Martini e Zecchetti. Iscritto all’ordine degli avvocati di Monza dal 1997. Nato a Vicenza e dal 1984 vive a Monza, ha frequentato il liceo classico Zucchi e si è poi laureato presso l’Università statale di Milano. Socio fondatore della Camera penale di Monza, ha conseguito diploma della Scuola di Alta specializzazione della UCPI; iscritto alle liste del patrocinio a spese dello Stato, delle difese d’ufficio, si occupa in via esclusiva di diritto penale carcerario e societario.