Sottoposto a un controllo di polizia a bordo di un’auto rubata (a mia insaputa). Sono stato citato in giudizio. Cosa posso fare?

I rischi di salire a bordo con dei quasi sconosciuti. Risponde l’avvocato Marco Martini del Foro di Monza.
Auto  -freepik.com
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Buongiorno. Tempo fa sono stato sottoposto ad un controllo di Polizia a bordo di un’autovettura condotta da un soggetto che non conoscevo, insieme ad altre due persone, uno delle quali aveva con me un rapporto di vista. E’ risultato che l’autovettura fosse di provenienza furtiva. La macchina, a dire degli agenti di Polizia, avrebbe avuto uno sportello anteriore forzato (io non l’avevo minimamente notato). Dopo quell’episodio non ho più avuto modo di incontrare nessuno degli altri tre soggetti.

Ho da pochi giorni ricevuto un decreto di citazione diretta a giudizio per rispondere, insieme agli altri tre, dell’art. 648 C.P.; avevo tempo fa ricevuto un altro foglio con cui mi avevano informato della chiusura delle indagini, ma avevo capito che il fatto fosse stato chiuso. Invece ora ricevo questa carta e mi chiedo cosa fare. Tenga presente che sono certo che chi guidava l’autovettura aveva con se le chiavi di accensione.
Giancarlo

Gentile signore, il foglio che aveva ricevuto prima si chiama avviso ex art. 415 bis C.P.P. e, invece che significare la fine del procedimento, rappresenta la notifica all’indagato che il Pm ha concluso le indagini preliminari e che, in difetto di una qualche iniziativa difensiva, come l’interrogatorio ed una memoria con richiesta di archiviazione accolta dal PM, lo stesso procederà con la richiesta di citazione diretta a giudizio, come è avvenuto.

Le si contesta, deduco, il concorso nella ricettazione dell’autovettura a bordo della quale si trovava, compendio di furto consumato da ignoti in data precedente al controllo da lei subito.

Non so comprendere dalla lettura della sua se l’autovettura presentasse delle ulteriori evidenze che facessero pensare ad un furto pregresso, al di là di questo sportello anteriore forzato, di cui mi parla nella missiva.

Secondo il Pm poiché le posizioni dei quattro imputati in relazione alla ricezione dell’autovettura sono di totale comunanza e poiché, per la forzatura dello sportello anteriore, era evidente la provenienza delittuosa del mezzo, tutti vengono chiamati a rispondere del delitto agli stessi ascritto.

Se devo pensare di essere già in un giudizio, una eventuale affermazione della penale responsabilità discende, nella logica accusatoria, da questa inevitabile sequenza:

1) L’auto risultava rubata;

2) L’imputato insieme ad altri tre soggetti era stato trovato a bordo dell’auto;

3) L’auto presentava delle evidenze che facevano pensare ad un furto pregresso;

4) L’imputato (gli imputati) è (sono) responsabile della ricettazione dell’auto.

Dalla lettura della sua comprendo che è stato trovato a bordo dell’autovettura di cui si discute e non al posto di guida della stessa: non è dato comprendere se si trovasse nei sedili anteriori o posteriori.

Ora, risponde del delitto di ricettazione chiunque al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto o comunque si intromette nel farli acquistare ricevere o occultare; ed è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da euro 516,00 ad euro 10.329,00; vi è poi l’ipotesi di cui al secondo canone dello stesso articolo, per cui la pena è della reclusione sino a sei anni e della multa sino ad euro 516,00 se il fatto è di particolare tenuità. Non sono in grado di dire se l’autovettura di cui discutiamo possa consentire, in ipotesi di giudizio di responsabilità, l’applicazione dell’ipotesi attenuata.

Sulla base di quel che Lei mi scrive mi pare difficile comprendere in che modo ella possa essere ritenuto responsabile del concorso nella ricettazione dell’autovettura.

Sotto un primo aspetto, evincere la provenienza furtiva dell’auto dalla circostanza che lo sportello anteriore fosse forzato risulta operazione complicata sul piano logico, perché impone di concludere che lei, se avesse visto la detta forzatura, avrebbe dovuto dedurre il furto pregresso.

Sotto un secondo aspetto, dalla sua lettera si apprende che l’autovettura era munita di chiave di accensione. Appare evidente, almeno a chi scrive, che in virtù della presenza della chiave di accensione, lei, come chiunque, non avrebbe certamente potuto porsi il problema se l’autovettura fosse stata di provenienza furtiva.

Sulla base di queste considerazioni non riesco a comprendere in che modo ella abbia potuto concorrere nella ricettazione de qua, ne a livello materiale ne a livello morale.

Come detto risponde di ricettazione chi acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto.

La presenza a bordo del veicolo non costituisce elemento certo del concorso nella ricettazione, e la conoscenza della provenienza delittuosa del mezzo, attribuita a lei dal Pm sulla base della circostanza che uno sportello anteriore risultasse forzato, non è elemento sufficiente per affermare la sua penale responsabilità per il delitto contestato.

Infatti, non si può escludere che la suddetta conoscenza sia stata da lei acquisita successivamente al fatto commesso da altri (ricezione/acquisto o furto del veicolo) in particolare da chi magari è stato individuato al posto di guida dell’auto e che della stessa aveva la disponibilità delle chiavi di accensione.

Senza l’originario concorso materiale o morale nel delitto commesso da parte di altri, ritengo che non si possa giungere all’ affermazione della sua responsabilità penale, atteso che non risulta configurabile il concorso morale a posteriori per adesione psicologica al delitto di ricettazione commesso da altri (cfr. una datata sentenza della Cassazione, Cass. Pen. sez. seconda, 19.6.1990-17.5.1991); né, sotto il profilo oggettivo, la condizione di passeggero è sufficiente per dimostrare la disponibilità della cosa che integra il delitto contestato (anche se ovviamente vi sono pronunce di segno contrario a questa tesi).

La presenza delle chiavi dell’autovettura è peraltro elemento capace di evitare che qualsiasi dubbio in ordine alla illiceità della detenzione dell’auto possa sorgere in chiunque, come sopra ricordato.

Mi pare quindi di poter concludere che ci siano elementi sufficienti per provare a dimostrare la sua innocenza nel corso del processo, anche se ovviamente molto dipenderà anche da eventuali dichiarazioni che eventualmente potrebbero rendere nel dibattimento, sia in senso negativo per lei (una eventuale dichiarazione accusatoria per esempio da parte di uno dei tre che possa chiamarla in correità) sia in senso favorevole ( per esempio l’esame da parte del soggetto che è risultato alla guida dell’auto).

Il dato peraltro più significativo mi pare sia costituito dalla presenza delle chiavi di accensione, che pongono chi guidava l’auto in diretto rapporto con il proprietario del mezzo che ne ha denunciato il furto: credo che questo debba essere il tema principale di indagine da parte della difesa.

Avv. Marco Martini *

* Iscritto all’ordine degli avvocati di Monza dal 1997. Nato a Vicenza e dal 1984 vive a Monza, ha frequentato il liceo classico Zucchi e si è poi laureato presso l’Università statale di Milano. Socio fondatore della Camera penale di Monza, ha conseguito diploma della Scuola di Alta specializzazione della UCPI; iscritto alle liste del patrocinio a spese dello Stato, delle difese d’ufficio, si occupa in via esclusiva di diritto penale carcerario e societario.