Sono disoccupato e vivo con mia madre. La mia ex mi ha querelato perché pretende il mantenimento per i figli. Come posso fare?

In molti, dato il peggioramento delle condizioni economiche, manifestano la difficoltà a conferire l’assegno. Risponde l’avvocato Marco Martini del Foro di Monza.
Uomo disperato per la sua condizione economica e familiare (Freepick/Jcomp)
Uomo disperato per la sua condizione economica e familiare (Freepick/Jcomp)

Buongiorno,
Sono il papà di due bambini. Ho ricevuto un decreto di citazione a giudizio per comparire di fronte al Tribunale a seguito di querela proposta dalla madre dei miei due figli minori perché non avrei pagato le spese di mantenimento dei miei due bambini.

Io ho perso il lavoro, sono disoccupato da anni, sono tornato a vivere con mia madre e ho difficoltà a sopravvivere, atteso che io e mia madre viviamo della pensione della stessa e nell’abitazione, per fortuna, di proprietà della mamma. Sono ovviamente preoccupato perché non so cosa fare e come comportarmi.

Buongiorno,
Dalla lettura della sua sintetica lettera devo ipotizzare che la madre dei bambini abbia proposto querela nei suoi confronti per violazione dell’art. 570, comma 2 C.P.

La norma che credo venga a lei contestata prevede che un soggetto sia chiamato a rispondere dell’omessa assistenza ai figli, sia da un punto di vista morale che materiale (intendo assistenza fisica e anche economica).

Non sono in grado di comprendere se lei sia stato sposato con la madre dei figli o se sia stato convivente; e se, nel primo caso, vi sia stato un provvedimento giudiziario che abbia stabilito che a suo carico vi sia un obbligo di provvedere al mantenimento dei bambini. In questo ultimo caso, potrebbe essere contestata a lei la violazione dell’art. 388 C.P. e quella di cui all’art. 570 bis C.P.

Quanto alla sua preoccupazione, non posso che condividerla, atteso che sia chiaro che chiunque sia coinvolto in un processo penale debba essere preoccupato.

Quanto invece alla notifica del decreto di citazione a giudizio, alla prima udienza dibattimentale potrà scegliere tra diverse opzioni, tutte dipendenti dal proprio casellario giudiziale (se sia o meno incensurato). Può scegliere che le sia applicata una pena (c.d. patteggiamento) a pena sospesa; può chiedere di essere sottoposto alla messa alla prova per svolgere lavori di pubblica utilità; può richiedere il giudizio abbreviato e, in questo caso, verrà giudicato sulla base solo delle carte processuali ed in caso di condanna la sua pena verrà ridotta di un terzo. Oppure può optare per affrontare il processo.

Dalla lettura della sua missiva ritengo che vi sia la possibilità di dimostrare al Giudice che l’omesso pagamento dei contributi di assistenza ai figli, non essendo dipesi dalla sua volontà, ma dalla condizione di oggettiva impossibilità nel farlo, per la perdita del posto di lavoro e l’assenza di fonti di reddito diverse, non sia automaticamente riconducibile ad una sentenza di condanna. Certo, molto dipende anche dall’arco temporale di contestazione, ovvero al fatto che l’omesso versamento dei contributi di assistenza siano riconducibili ad un momento in cui magari lei aveva un posto di lavoro ed una fonte di reddito.

Giova premettere che la violazione che ritengo sia contestata, quella di cui all’art. 570 comma 2 C.P.P., costituisca reato che, se pur proposto con denuncia querela, rimanga procedibile d’ufficio, a prescindere da una eventuale remissione di querela da parte della madre, in questo caso, dei suoi figli. Se quindi per un qualche motivo debba trovare una intesa con la madre, per una sopravvenuta riappacificazione, e la signora rimetta la querela, il processo andrà avanti comunque.

Quanto all’imputazione, contestata dall’art. 570 C.P., la stessa è relativa alla violazione dell’obbligo di prestare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, per quel che riguarda il nostro caso.

In giurisprudenza è stato precisato che per «mezzi di sussistenza» si debba fare riferimento a ciò che è indispensabile all’esistenza, indipendentemente dalle condizioni sociali o di vita pregressa degli aventi diritto, come il vitto, l’abitazione, i canoni per le utenze indispensabili, i medicinali, le spese per l’istruzione dei figli, il vestiario.

Perché un imputato sia ritenuto responsabile per la fattispecie di cui si discute, è necessario che i figli si trovino in stato di bisogno; che l’obbligato ne sia a conoscenza; che l’obbligato sia in grado di fornire i mezzi di sussistenza.

L’obbligo di assistenza incombente sul genitore viene meno temporaneamente, esclusivamente nel caso di incolpevole e temporanea difficoltà economica, la quale determini una situazione di indisponibilità di introiti sufficienti a soddisfare, in maniera adeguata e congrua, le esigenze vitali dei figli e del coniuge separato. In siffatte ipotesi, il genitore che non riesce a coprire l’assegno di mantenimento deve essere assolto, qualora fornisca la prova della predetta situazione di indigenza.

Sulla base di quanto mi ha descritto nella sua sintetica missiva, sono a ritenere che, nel caso in cui ella voglia scegliere di essere giudicato con le forme ordinarie, sia nelle condizioni di dimostrare al Giudice che non ha commesso il fatto per una oggettiva incapacità di provvedere agli adempimenti sanzionati dall’art. 570 C.P., versando ella in una situazione di persistente ed incolpevole impossibilità ad avere introiti.


Avv. Marco Martini *

* Iscritto all’ordine degli Avvocati di Monza dal 1997. Nato a Vicenza e dal 1984 vive a Monza, ha frequentato il liceo classico Zucchi e si è poi laureato presso l’Università statale di Milano. Socio fondatore della Camera penale di Monza, ha conseguito diploma della Scuola di Alta specializzazione della UCPI; iscritto alle liste del patrocinio a spese dello Stato, delle difese d’ufficio, si occupa in via esclusiva di diritto penale carcerario e societario.