Quello che gli occhi possono vedere: i paesaggi di Fettolini a Villa Vertua di Nova

VIDEO - Si intitola “1976-2016” la personale antologica che ripercorre l’attenzione di Armando Fettolini al paesaggio: fino al 12 marzo a Villa Vertua Masolo di Nova Milanese.
Un’opera di Armando Fettolini
Un’opera di Armando Fettolini

Come cambia il paesaggio e la sua percezione negli occhi di un artista: racconta questo l’ampia antologica che da sabato 18 febbraio sarà esposta negli spazi di Villa Vertua Masolo a Nova Milanese (via Garibaldi 1).

A raccontare quello che gli occhi-possono-vedere sono quarant’anni d’arte di Armando Fettolini nella mostra “1976 – 2016 – I miei paesaggi” a cura di Simona Bartolena e con l’organizzazione di Bice Bugatti Club in collaborazione con Lap. Dagli studenti veristici della seconda metà degli anni Settanta fino al corpo deciso del colore con cui Fettolini traccia i suoi paesaggi informali, passando per le cuciture, le abrasioni e la materia con cui ha scavallato il secolo: sono ottanta le opere che raccontano il percorso dell’artista che ha imparato la lezione di Morlotti, l’ha mescolata alla sperimentazione di Burri e ne ha fatto altro.

«Il tema del paesaggio accompagna la ricerca di Armando Fettolini fin dagli esordi e fin dagli esordi i suoi paesaggi si sono collocati in un limbo tra realtà e visione, più vicini a Segantini e Böcklin che a Sernesi e Monet. Più studio l’opera di Fettolini e più sento questa ascendenza simbolista come centrale nella sua ricerca – ha scritto Bartolena – . A testimoniare questa relazione forte non sono solo i cicli esplicitamente dedicati all’argomento: in tutte le opere dell’artista si coglie una lettura altra, un messaggio ora urlato, ora sussurrato, un’indagine introspettiva che affonda le radici nella pittura ottocentesca di area romantico-simbolista».

L’inaugurazione è in programma sabato a partire dalle 17, poi la mostra resterà aperta fino al 12 marzo (sabato dalle 15 alle 18, domenica dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18). Armando Fettolini oggi vive nella Brianza lecchese ma ha vissuto a lungo nel monzese: dopo essere nato a Milano nel 1960, ha studiato all’istituto d’arte di Monza. E proprio a Monza si deve il suo debutto espositivo, in una mostra collettiva che ha raccolto le opere di un premio organizzato dal Lions Club Monza Host. Lo scorso anno, a giugno, è stato protagonista a Monza con una personale alla LeoGalleries di via De Gradi.

«C’è, a pensarci, un ossimoro della pittura di Fettolini – scrive ancora la curatrice -. Da una parte è innegabile l’ascendenza spirituale, la vocazione simbolista della sua pittura. Dall’altra, però, c’è un legame strettissimo con la fisicità delle cose, con la realtà quotidiana, con la contingenza del vero nei suoi aspetti più tangibili. È un ossimoro che riflette la personalità dell’artista, l’uomo Armando Fettolini, eternamente diviso tra spirito e corpo, tra cielo e terra, randagio come i cani che ama tanto dipingere».

La spiritualità che nell’artista finisce sempre con fare i conti con «la materia, quella di sempre, quella sporca, densa, a tratti un po’ arrogante, che infrange la percezione dello spazio dipinto, creando piccoli cortocircuiti percettivi nell’introdurre tangibili brani di realtà nella finzione del luogo dipinto».

Il catalogo che accompagna la mostra (edizioni Ponte quarantré) raccoglie testi di Simona Bartolena, Giacomo Ambrosi e Alessandra Galbusera.