“La bellezza disarmata”: il primo libro di Julián Carrón da 10 anni alla guida di Cl

Come si conserva un carisma? Si può trasmettere nel passaggio tra Brianza ed Extremadura, tra Italia e Spagna, insomma tra don Giussani e Julián Carrón, il sacerdote voluto dal fondatore di Comunione e Liberazione alla guida del movimento? A tentare di rispondere a questi interrogativi arriva il primo libro a sua firma (“La bellezza disarmata”, Rizzoli, 380 pagine, 18 euro).
Julián Carrón autore del libro “La bellezza disarmata”, Rizzoli, 380 pagine, 18 euro
Julián Carrón autore del libro “La bellezza disarmata”, Rizzoli, 380 pagine, 18 euro

Come si conserva un carisma? Si può trasmettere nel passaggio tra Brianza ed Extremadura, tra Italia e Spagna, insomma tra don Giussani e Julián Carrón, il sacerdote voluto dal fondatore di Comunione e Liberazione alla guida del movimento? Fanno dieci anni che il teologo, oggi 65enne, è succeduto al servo di Dio nato a Desio il 15 ottobre del 1922. E a tentare di rispondere a questi interrogativi arriva il primo libro a sua firma (“La bellezza disarmata”, Rizzoli, 380 pagine, 18 euro). Una raccolta di saggi e interventi, in buona parte inediti, riadattati e ordinati per restituire le architravi del pensiero della guida di uno dei movimenti religiosi più importanti, seguiti e osservati del nostro Paese, e che ha nel nostro territorio un avamposto di grande forza.

Il chiodo fisso

Perché “La bellezza disarmata”, anzitutto? Nel testo, che il Cittadino ha letto in anteprima per i suoi lettori, emerge il chiodo fisso del sacerdote spagnolo: fare del movimento un’educazione alla contemporaneità della fede, una proposta di vita conveniente (la bellezza, appunto) capace di mostrare con la sola forza della testimonianza (disarmata) la propria pertinenza con la vita comune, con le circostanze di cui è impastata la trama dei giorni degli uomini. L’apparente distanza dall’immagine “impegnata” dei “ciellini” è in realtà risolta da un passaggio cruciale: la fede, scrive Carrón appoggiato sulle spalle di Giussani, Wojtyla, Ratzinger e Bergoglio, non è fede se non diventa cultura, sguardo sul mondo, capacità di intelligenza e giudizio. Tuttavia in un contesto in cui non solo l’antropologia cristiana è obliterata nel pluralismo multiforme e caotico delle nostre società, ma l’ipotesi stessa dei contenuti della fede è, se non addirittura perseguitata, negata nelle sue basi non basta, scrive Carrón, una «qualsiasi versione» del cristianesimo per incontrare l’uomo. Da dove ripartire dunque? Dalla realtà. Non bastano buone idee, non bastano formule associative, non bastano “opere” – che pure restano documentazioni irrinunciabili del porsi cristiano nel mondo.

La realtà come metodo

Ma c’è da recuperare un fondamento, per sé e per gli altri: l’io come rapporto con la realtà. «Quando tutto crolla», scrive, «c’è qualcosa che permane: la realtà». Quando cadono le certezze economiche e di vita, quando viene meno la condivisione dei fondamenti della fede, quando si perde peso in politica, quando «siamo chiamati a vivere la fede senza un contesto che ci protegga», c’è un dato inestirpabile: il rapporto con la realtà, che resta positivo – in quanto dato, non costruito, non voluto – anche dentro le peggiori circostanze della storia. Al cuore del libro, che pure parla dei nuovi diritti, dell’irruzione di Bergoglio, delle nuove frontiere etiche, dell’Europa, c’è una missione che Carrón affida ai ciellini: rifare il percorso di don Giussani dentro la propria vita, dentro la sequela a CL nella chiesa. Sorprendere in sé non la difesa di un consesso, non una certezza in cui arroccarsi ma anzitutto il contraccolpo del reale e le inevitabili domande che esso suscita: perché vivo? Per cosa sto al mondo? Chi fa la realtà? Solo la coscienza della statura di queste domande genera uomini capaci di imbattersi nel fatto cristiano e cogliere la sua attualità, la sua contemporanea convenienza per la vita. Altrimenti anche Gesù Cristo può essere ridotto a un insieme di regole messe a fianco di ciò che sta davvero a cuore, e dunque diventare ininfluente per se stessi e per il mondo. «La vera sfida è di natura culturale e (non “ma”, ndr) il suo terreno è la vita quotidiana […] Noi cristiani crediamo ancora nella capacità della fede che abbiamo ricevuto di esercitare un’attrattiva su coloro che incontriamo e nel fascino vincente della sua bellezza disarmata?».

Ecco, il “mandato” alle comunità di CL, che in fondo coincide con l’invito non meno tenue per chi si impegna in campo politico o nelle opere («non esistono opere “di” CL, scrive): «Abbiamo bisogno di scoprire un modo di vivere la fede, dentro questa realtà sociale e culturale pluralista, tale che gli altri possano percepire la nostra presenza non come qualcosa da cui difendersi, ma come un contributo al bene proprio e comune. Occorre un modo di essere presenti in cui non vi sia alcuna volontà di imposizione, di sopraffazione, e al tempo stesso non vi sia alcuna rinuncia a vivere la fede nella realtà, affinché si documenti tutta la convenienza umana della adesione a Cristo».

L’occasione

La grande compagnia della vita e del pensiero di don Giussani entra qui, nell’inesausto grido che ha dato forma alla vita del prete brianzolo testimoniando Cristo come un fatto in grado di cambiare la vita dell’uomo, oggi. Di cambiarne il modo di guardare la moglie, di trattare il lavoro, di affrontare le rotture di scatole e le gioie: di generare un soggetto nuovo nella gran scena del mondo, limitato e caduco ma irriducibile nella sua sete infinita che nessuna struttura o risultato possono placare. Così, anche il travaglio contemporaneo della crisi, delle inquietudini interne alla chiesa e al movimento, diventa a questo livello un’«occasione irripetibile» allo sguardo di Carrón. Non perché le circostanze avverse siano in sé auspicabili. Piuttosto «il crocevia contemporaneo è un’occasione provvidenziale per noi cristiani affinché scopriamo la vera natura del cristianesimo e la sua rilevanza antropologica, così da poterlo comunicare ai nostri fratelli quale esperienza di vita».

«Crediamo ancora nella capacità della fede di esercitare attrattiva? »