Intervista ad Alberto Zanchetta, che lascia il Mac di Lissone: «La mia eredità è un museo che ha ritrovato l’identità»

Intervista ad Alberto Zanchetta, direttore artistico del Mac di Lissone che chiude la sua esperienza in Brianza alla fine dell’anno: «Onestamente sono orgoglioso di quello che è stato fatto. Tanto, tantissimo, volevo uno spazio ricco e compulsivo: il museo che mancava».
Lissone Mac Museo arte contemporanea Mostra raccolte design Alberto Zanchetta
Lissone Mac Museo arte contemporanea Mostra raccolte design Alberto Zanchetta Fabrizio Radaelli

Si lascia alle spalle la presentazione di poco meno di 2mila opere, 500 autori, 70 mostre, la crescita delle collezioni permanenti, uno scavo filologico della storia dell’arte, la costituzione di un reale giacimento del design che qui, da sempre, è di casa. E tutto questo è successo solo negli ultimi tre anni: prima ce ne sono stati altri cinque, e il moltiplicatore allora esplode. «Che cosa lascio… una grande eredità credo» dice Alberto Zanchetta, dal 2012 direttore artistico del Museo d’arte contemporanea di Lissone: «Un tesoretto» aggiunge sorridendo.

Perché Zanchetta se ne va: mandato scaduto, la volontà di cambiare strada, «per qualche anno niente più incarichi istituzionali: è tornato il tempo di studiare e scrivere, quello che una direzione davvero non ti permette di fare».
Docente di due corsi all’Accademia di belle arti di Urbino (Storia del disegno e della grafica d’arte, Storia dell’arte moderna), intanto, poi l’attività di sempre: critico militante (significa attivamente partecipe della vita artistica, non è un connotato politico) e curatore, questa, per ora, sarà la strada che ha scelto.

Intervista ad Alberto Zanchetta, che lascia il Mac di Lissone: «La mia eredità è un museo che ha ritrovato l’identità»
Lissone Mac Museo arte contemporanea Mostra raccolte design

Dietro di lui, un segno profondo: il Mac che ha ritrovato una dimensione e un riconoscimento che gli mancavano da troppo tempo.
«Penso di lasciare un buon viatico per il futuro – aggiunge – a partire dalla riqualificazione dell’identità del museo, al di là delle singole mostre o degli artisti. Incluso il lavoro sugli archivi, grandi studi sulla storia delle collezioni e del premio con diverse riscoperte. Prima nulla aveva raccontato in profondità chi siano stati gli autori che hanno reso internazionale Lissone in passato». E forse c’è chi, tra le scelte fatte in questi otto anni, si aggiungerà ai nomi che negli anni Cinquanta rendevano la città brianzola competitiva con la Biennale di Venezia.

Andrea Facco e Nicola Verlato sono stati sei anni fa al Mac e ora sono entrambi al Mart di Rovereto, così come Umberto Chiodi, presente nelle collezioni dell’istituzione trentina con un’opera della serie “Crossage”, passata da Lissone nel 2013. Sempre il Mart ospita una personale di Nicola Samorì, al Mac nel 2014 e nel 2017, quando ha ottenuto il premio della critica che ha portato una sua opera nelle collezioni museali. E sono solo alcuni del lungo elenco di artisti che di strada ne hanno fatta, e tanta, passando prima dalla Brianza.

Intervista ad Alberto Zanchetta, che lascia il Mac di Lissone: «La mia eredità è un museo che ha ritrovato l’identità»
Lissone Mac Museo arte contemporanea Mostra raccolte design

«Cosa mi ha portato a Lissone? Avevo conosciuto il museo nel 2003, invitato per la giuria da Flaminio Gualdoni. Avevo visto le collezioni, è in una posizione ideale sull’asse Milano-Como, volevo fare il salto dalla critica militante. Mi sono detto: provo. Onestamente sono orgoglioso di quello che è stato fatto. Tanto, tantissimo, volevo uno spazio ricco e compulsivo» e così è stato, a colpi di cinque inaugurazioni contemporanee per volta, con mostre pensate per target diversificati: il contemporaneo “nuovo” che è nell’atto di nascita del Premio Lissone, gli artisti mid-career, la riscoperta dei maestri.
«Avrei voluto fare molto di più, certo, ma dipende tutto dai budget. Con quello che è stato disponibile abbiamo fatto miracoli».

Zanchetta ha portato a Lissone un’idea diversa di spazio museale: contro le istituzioni nazionali dell’arte che aprono una, due, tre mostre all’anno, «in una sorta di immobilismo», il direttore uscente dice che voleva costruire «il museo che mancava: dal 2012 sono successe tante cose. La struttura sembra la stessa ma sono stati fatti molti interventi piccoli e grandi che lo rendono più agile e più fruibile. Ho trovato una realtà da reinventare, il campo adatto per fare sperimentazione».

Compreso e riconosciuto? «Nel settore sì, il Mac è ora uno spazio riconosciuto» e lo dimostrano anche i recenti premi del ministero assegnati a due progetti presentati da Zanchetta.
«L’amministrazione comunale per quanto ha potuto mi ha seguito. Forse non capito completamente, ma seguito sì. Mi rimproveravano che “bisogna parlare tutte le lingue” ma in realtà è esattamente la progettualità che avevamo».


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Tra le 1.850 opere presentate negli spazi di viale Elisa Ancona, ci sono anche quelle entrate nelle collezioni permanenti di Lissone nell’ultimo triennio e forse qualche nome vale la pena di segnarlo, a futura memoria: Gabriele Di Matteo, Sali Muller, Mario Davico, Jiří Kolář, Maurizio Cannavacciuolo, Laura Renna, Turi Simeti, Paolo Iacchetti, Elisa Cella, Albert Pinya, Silvia Vendramel, Francesca Ferreri, Silvia Camporesi e Domenico Antonio Mancini. Poi il design, che nonostante tutto la città del mobile non aveva ancora sistematizzato dal punto di vista storico: oggi la collezione specifica conta oltre 300 pezzi tra oggetti, progetti, prototipi, fotografie e altri documenti storici realizzati da Denis Santachiara, Giandomenico Belotti, Francesco Faccin, Joe Colombo, Roberto Sambonet, Italo Lupi, Piero Lissoni, Sebastian Bergne, Duccio Maria Gambi, Vico Magistretti, Oskar Zieta, Giulio Iacchetti, Maurizio Duranti, JoeVelluto, tra gli altri.

Nanda Vigo? Grazia Varisco? Faranco Grignani? Paolo Masi? Sono quattro degli artisti che il Mac in questi anni ha riportato alla ribalta con mostre antologiche e progetti specifici anticipando di anni le attenzioni di altri palchi dell’arte: la prima è stata a Palazzo Reale di Milano un anno fa, la seconda ha visto slittare la sua mostra nello stesso luogo a causa del coronavirus, il terzo è stato protagonista di un grande progetto espositivo nel 2013 e solo un anno fa il Maxx di Chiasso gli ha dedicato una antologica. Il quarto, quattro anni dopo il Mac, è stato ospitato dal Maga di Gallarate.

«Mi sono preso cura del museo e della sua identità» aggiunge Zanchetta, che ha letto gli spazi del Mac in modo totalizzante: tutto il museo si è trasformato in luogo d’esposizione artistica, incluse le vetrate, incluso il vano delle scale. E con un altro sigillo lasciato ai posteri: la rivoluzione del nuovamente prestigioso Premio di pittura Lissone, che ha invertito le dinamiche e oggi non è più un bando al quale gli artisti rispondono, ma una preselezione e inviti che alza l’asticella della qualità della mostra. Tutto questo oggi è a un bivio, un bivio serio: il destino del solo luogo pubblico della cultura che ha fatto la differenza nell’ultimo decennio a Monza e dintorni.

Interpellato, per ora, il Comune di Lissone non risponde. La domanda in realtà è semplice: ci sono notizie del bando per trovare un nuovo direttore artistico del Museo d’arte contemporanea? Perché il mandato di Alberto Zanchetta scade con la fine dell’anno, poi il nulla. E in ogni caso, prima o poi, gli spazi espositivi torneranno ad aprire. Chi se ne occuperà? Le scorse volte i bandi hanno richiesto diversi mesi: allo scadere del 2017 era stato aperto a luglio con scadenza molto ravvicinata, ad agosto, per le candidature. Poi, complice l’estate, sono occorsi oltre quattro mesi per verificare i curriculum, nominare la commissione, procedere con le due selezioni necessarie. Leggermente più breve l’iter del 2012.