Luigi Stradella, che spingeva la luce miracolosa dalla vita oltre la morte

È trascorso poco più di un anno dalla scomparsa dell’artista monzese Luigi Stradella: un ritratto umano e artistico firmato dal professore Carlo Franza per Brianzart.
Luigi Stradella nella sua casa nel centro di Monza
Luigi Stradella nella sua casa nel centro di Monza Fabrizio Radaelli

Ci sono artisti che pur vissuti in un silenzio timidamente caratteriale hanno lasciato una traccia indelebile nell’arte del Secondo Novecento. Uno di questi è stato Luigi Stradella ( Monza 1929- 2020). Nella produzione artistica di Stradella fondamentale è stato l’apporto e il supporto costante di noti critici ed esponenti del mondo dell’arte quali, per citarne alcuni, Aligi Sassu, Franco Passoni, Giorgio Mascherpa, Luigi Carluccio, Roberto Sanesi, Mario de Micheli, Carlo Franza, Giuseppe Marchiori, Carlo Munari, Enrico Crispolti, Paolo Biscottini.

«Proprio nella sua presenza discreta, che racchiude in sé tanta “sostanza” – ha detto Luigi Cavadini – , credo sia da riconoscere il motivo di tanta attenzione che l’opera di Stradella ha suscitato negli anni tra i critici italiani più importanti.»

Il nostro artista ha sempre avuto l’umiltà di lavorare assiduamente senza cercare clamori, riuscendo, proprio per questo, a confrontarsi nel profondo con la propria pittura e a costituire così un linguaggio in grado di superare ogni barriera, divenendo tramite di una visione ampia e aperta che – scrivevo nel 1989 proprio a proposito dell’opera di Stradella – “sa di spiritualità e di mistero”. Un anno fa, durante primo lockdown generalizzato, il 9 marzo 2020, era morto all’età di 91 anni Luigi Stradella, uno degli ultimi grandi pittori di Monza. In quei giorni in cui l’Italia viveva giorni drammatici, dalla sua casa di via Santa Croce a Monza non fu possibile organizzare un funerale pubblico.

Luigi Stradella, che spingeva la luce miracolosa dalla vita oltre la morte
Simboli del martirio, 1988

Carpi è stato docente particolarmente amato dagli allievi, a ciascuno dei quali ha lasciato piena libertà di scelta espressiva. Luigi Stradella si è a sua volta  dedicato all’insegnamento per oltre un ventennio presso la nobile Scuola d’Arte del Castello Sforzesco. All’inizio degli anni Cinquanta si avviano le prime esposizioni personali, nelle quali il giovane Stradella mostra un realismo – com’era nell’aria del tempo- appena attraversato da una linea sperimentale nell’uso del colore (vedi “Una favola sui vetri” un dipinto del 1951, ora ai Musei Civici di Monza) ; esposizioni collettive e personali poi via via sempre più numerose; molte le partecipazioni a mostre e premi di pittura organizzate da istituzioni pubbliche e private.

Nel 1961 Stradella dipinge l’opera “Novembre sul Lambro”, dipinto che segna una svolta decisiva nel suo operare, ovvero quel passaggio motivato e in linea con “l’informale” che ormai caratterizzava l’arte di quegli anni, fino al “naturalismo padano” di cui ha parlato Francesco Arcangeli. La volta segnava il passaggio verso una pittura che faceva a meno della figurazione, lontana da un realismo tout court o dalla “nuova figurazione” che pure faceva proseliti. È da questi primi anni Sessanta che Luigi Stradella l’artista sarà fedele a questo processo estetico di fare pittura, a questa spazialità informale, colta, misterica, spirituale. Si dedica anche alla grafica e per un lungo periodo alla pittura con i pastelli a olio.

Luigi Stradella, che spingeva la luce miracolosa dalla vita oltre la morte
Simboli del martirio, 1988

La sua maturità artistica lo vede impegnato tra Monza e Urbino, tra le intonazioni fredde della luce lombarda e quelle chiare e avvolgenti delle terre marchigiane. Conosce e frequenta importanti scrittori, critici e intellettuali del 900 italiano: dai poeti Mario Luzi e Paolo Volponi, eppoi il critico De Grada,  e il professor Carlo Bo, raffinato francesista, rettore dellUniversità di Urbino. La sua attività espositiva non conosce tregua.

Il suo rapporto con la sua città natale, Monza, è continuo, dopo le partecipazioni ai Premi Città di Monza, nel 1993 una sua mostra personale è organizzata in Arengario dai Musei Civici; seguiranno molte altre esposizioni personali tra le quali quella recente (2012) alla Galleria d’Arte Contemporanea di Lissone. Ricco e di estremo interesse il corpus di opere passate al patrimonio civico del Comune di Monza, in particolare va segnalata l’opera “Passione secondo San Matteo”, realizzata dal maestro nel 1998 per il fondale della Civica Sala Maddalena. Da non dimenticare altre opere pubbliche come il dipinto donato all’Ospedale San Gerardo di Monza.

È registrato nell’Inventario Generale 1995 con titolo “Simboli del martirio”e costituisce una delle opere più recenti della collezione ospedaliera. Telero di grandi dimensioni (167,5 x 153,5 cm.) misurato nell’astrazione e organizzato su forme vaporose nei toni accesi del blu e del turchese. Qualche traccia lascia intendere al centro la croce – il cui braccio orizzontale copre tutta la larghezza del dipinto – che divide la superficie della tela in due zone; sotto di essa compaiono gli strumenti del martirio di Cristo, indicati da chiodi e corona di spine; sopra, l’essenza di Dio.

È certo che il dipinto non vive l’espressione di una pittura astratta e informale assoluta, ma si sostanzia di carica visiva che approda a far vivere moti interiori, trascendenze spiritualiste, le stesse che hanno sempre accompagnato l’artista monzese che sul sacro contemporaneo è stato pietra miliare L’opera è uno studio sulla Crocefissione, soggetto che l’artista sviluppò nel 1988 quando partecipò alla II Biennale d’Arte Sacra di Pescara, avente come tema “La croce”; venne esposta nel 1992 ad una mostra itinerante tenutasi tra i comuni brianzoli di Usmate Velate e Macherio dal titolo “La crocifissione”; nella pubblicazione relativa, l’opera in esame è indicata come “Proposta per una meditazione: “I simboli del martirio”, denominazione che risponde al clima iconico generale, ma occorre sottolineare che l’iscrizione presente nella registrazione della quadreria ospedaliera recita “Proposta per un’Assunzione”, e vale non come cenno per altro dipinto, ma è lo stesso che vive come “l’assunzione di Cristo al cielo”.

È certo che la preziosa ricerca e il percorso di Luigi Stradella nel Secondo Novecento lascia leggere che la sua storia è stata storia di fede, di interrogativi, di sogni e di utopie. La sua pittura oggi vive una resistenza senza pari, capace ancora di parlare a intere generazioni, e quella luce miracolosa che serpeggia in tutte le sue opere altro non è che il presagio della vita che si spinge oltre la morte.

Carlo Franza

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Nato nel 1949, Carlo Franza è uno storico dell’arte moderna e contemporanea, italiano. Critico d’arte. È vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (lettere, filosofia e sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e assistente ordinario. Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore straordinario di storia dell’arte moderna e contemporanea (Università La Sapienza- Roma) , ordinario di lingua e letteratura italiana. Visiting professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose università estere. Giornalista, critico d’arte dal 1974 al 2002 a Il Giornale di Indro Montanelli, poi a Libero dal 2002 al 2012. Nel 2012 ritorna e riprende sul quotidiano “Il Giornale” la sua rubrica “Scenari dell’arte”.