Solo cinque su dieci sono gli elettori che, nei comuni al voto in provincia di Monza e Brianza, si sono recati alle urne per il primo turno del 3 e 4 ottobre. Dovrebbe bastare questo dato a far comprendere come l’analisi sui risultati non possa prescindere da una consapevolezza sullo stato di salute della nostra democrazia. Che, a quanto pare, e nonostante con elezioni più “mediatiche” e sentite come le politiche i numeri siano inevitabilmente destinati ad alzarsi, non se la passa troppo bene.
A pesare, probabilmente, è l’assenza di riscontri, per gli elettori, rispetto alle aspettative generate da una politica sempre più autoreferenziale e che vede puntualmente le sue promesse infrangersi contro la crescente complessità del mondo contemporaneo, dominato dalla tecnica (e dai tecnici, come Draghi) nelle sue varie sfaccettature: economica, medica, scientifica.
A soffrire maggiormente la situazione sono le fasce fragili e non è forse un caso che, in Brianza, le affluenze minori si siano registrate nei due centri con il reddito pro capite più basso. D’altro canto, mentre i partiti hanno litigato per mesi sugli equilibri interni alle coalizioni, per molti italiani un tempo benestanti (come i cosiddetti “working poors”) il problema è sempre di più quello di far fronte alle spese basilari. Una dissonanza di priorità che non poteva non avere effetti.