Olimpiadi, la sfida di Monza a Roma per il 1960 e il breve sogno a cinque cerchi nel parco

Un sogno sogno ma a cinque cerchi e nel Parco di Monza. Anno 1949: archiviati i Giochi post bellici di Londra, c’è in palio l’edizione del 1960. Roma gioca le sue carte, ma ha una sfidante. In Brianza.
Olimpiadi, la sfida di Monza a Roma per il 1960 e il breve sogno a cinque cerchi nel parco

Monza scopre per la prima volta i giochi olimpici nel 1919, a rimorchio delle sensazionali affermazioni in serie di Ernesto Ambrosini. Scontando il peccato di riconoscersi superiore alla concorrenza, il biondo Ernesto detta legge nelle prove di resistenza (5 e 15 chilometri), staccando irrimediabile gli specialisti della distanza: fulminato dall’irresistibile ritmo di gara di Ambrosini, pure Ettore Comi, fierissimo portacolori della Modoetia, deve battere in ritirata, strabattuto fino all’umiliazione.

Galvanizzato dalla leggendaria facilità di corsa del monzese, l’allenatore inglese Platts Adams si adopera a correggere i difetti pacchiani di un talento grezzo fino all’improntitudine. Ambrosini batte – uno dietro l’altro – i record italiani degli 800 e 1.500 metri, tanto che viene selezionato per la settima Olimpiade, in programma – dal 20 aprile – ad Anversa.

“Certamente non sarà sfuggito a V.S. Ill.ma che nel prossimo estate 1920 e per la prima volta dopo la guerra avranno luogo ad Aversa le Olimpiadi Internazionali, nelle quali in una pacifica competizione mondiale forze sportive italiane si misureranno con quelle di altre 25 Nazioni Estere”, scrive il senatore Carlo Montù, presidente del C.O.N.I. al commissario prefettizio di Monza. “Certo Ella ricorda i fasti delle Olimpiadi di Londra e di Stoccolma dove i nostri Campioni si affermarono vittoriosamente e converrà quindi con noi nella importanza che siffatte manifestazioni assumono non soltanto dal punto di vista sportivo, ma altresì nazionale per la migliore affermazione del nostro buon nome e del valore della nostra razza all’Estero. Il Governo ci ha concesso un sussidio di lire centomila ed altri lire 170.000 noi abbiamo già raccolte per raggiungere la cifra di lire 650.000: ci è assolutamente indispensabili per una buona e degna partecipazione dell’Italia”.

E poi: “Il nome del Comitato Olimpico mi permetto pertanto di ricorrere a Lei onde sollecitarlo affinché l’Amministrazione Comunale della Sua città abbia a concedere ad una tale sottoscrizione nazionale, facendole rilevare che non tanto ha valore l’entità della somma quanto il significato dell’adesione e della partecipazione dei maggiori Comuni d’Italia ad una siffatta nazionale impresa”.

Il commissario, conscio di avere tra le mani un potenziale “crack “ appetto alla parrocchietta dell’atletica leggera – devolve per la spedizione olimpica ad Anversa mille lire dal bilancio 1920. Il Corriere di Monza di sabato 1° agosto 1920 apre la pagina di sport: “Domani da Torino partiranno 22 atleti designati dalla F.I.S.A. quali nostri rappresentanti alle gare mondiali Olimpiadi di Anversa. Come era logico prevedere anche un monzese ne fa parte della squadra e cioè il biondo Ambrosini Ernesto il quale recentemente è diventato il possessore del record nazionale degli 800 metri”.

La spedizione azzurra riesce addirittura trionfale, nonostante gli stentissimi mezzi finanziari a disposizione. Lo sgherro mezzofondista monzese conquista la medaglia di bronzo nei 3000 siepi, preceduto soltanto dall’inglese Percy Hodge e dall’americano Patrick Flynn. Le Olimpiadi di Parigi – anno domini 1924 – vedono Ambrosini fra i favoriti per conquistare la medaglia d’oro: ma, spingendo al massimo la preparazione, Ernesto sballa il ritmo di gara fino all’inevitabile surmenage. Monza è la sede del ritiro pre-olimpico dei ginnasti scelti per la trasferta francese: declassato a riserva nonostante le pressioni del presidente della Fgi (e della Forti e Liberi) Giulio Sironi, Ottavio Monti si paga il viaggio per Parigi illudendosi di rientrare –ma dove? – in gioco. Stregato dal buen retiro monzese, Mario Corrias requisisce la palestra del vialone reale per preparare a modo gli assi della ginnastica: e avessero stare muti quelli che avevano organizzato la magrissima trasferta di Amsterdam (1928).

Nei Giochi della decima Olimpiade di Los Angeles del 1932, l’impiegato di concetto del Comune Franco Tognini conquista l’oro della combinata a squadre: Neri, Lertora, Gugliminetti e Capuzzo sono i protagonisti del sensazionale exploit; il buon “Cioditt” – prima riserva della Nazionale azzurra – ringrazia i compagni e intasca la medaglia più preziosa. Dopo l’immane conflitto mondiale, la dolente umanità scampata allo scempio si prova a rialzarsi dall’abisso raggiunto: le gramissime Olimpiadi della rinascita (1948) vengono organizzate da Londra.

Tognini – diventato responsabile unico della selezione azzurra di ginnastica – paga il debito di riconoscenza portando gli atleti prescelti per l’avventura olimpica ad allenarsi a Monza: Luigi Zanetti e Guido Figone chiudono al quarto e quinto posto nel cavallo con maniglie. Archiviata Londra, l’anno dopo – a novembre – la città di Roma si candida per le Olimpiadi 1960. Il 26 novembre 1949, il presidente della S.I.A.S, Luigi Bertett, scrive ai sindaci di Monza (Leo Sorteni) e Milano (Antonio Greppi): “In questi giorni è stato reso noto dal Segretario del C.I.O. che la città di Roma ha avanzato la sua candidatura al fine di ottenere l’assegnazione dell’organizzazione delle Olimpiadi che si svolgeranno nel 1960. Poiché tale candidatura si aggiunge a molte altre, presentate da varie città del mondo, si riterrebbe opportuno che le LL. SS. Ill.me esaminassero la possibilità di avanzare, di comune accordo, la richiesta perché lo svolgimento dei giuochi olimpici si svolga al Parco di Monza, che per quell’epoca, verrà attrezzato per tutte le necessità delle manifestazioni. Sono certo che le LL. SS. Ill.me sapranno valutare nella sua piena importanza questa mia richiesta, che già è stata, tempo addietro, sottoposto al Loro giudizio, ottenendo la piena approvazione. Resto a Loro completa disposizione per quei chiarimenti che la LL. SS. Ill.me ritenessero opportuni ed in attesa di comunicazioni in proposito”.

È una piissima convinzione che cozza contro la cronica mancanza di strutture sportive all’Autodromo e la feroce convinzione della politica nazionale che privilegia Roma e le camarille di palazzo. “Mi riferisco al contenuto della mia lettera 26 scorso novembre n° 11262 e mi permetto pregarLa vivamente di volermi far conoscere il Suo pensiero al riguardo”: finite le feste natalizie, Bertett ricomincia a tessere le fila per portare in Autodromo le Olimpiadi 1960 e privilegiando in prima battuta Sorteni.

Il quale, il 14 febbraio, risponde a tono: “Caro Presidente, come già Le avevo espresso a voce, confermo la mia personale adesione entusiastica all’idea che nel Parco di Monza si possono organizzare le Olimpiadi del 1960 assegnate all’Italia e spero che anche il Sindaco di Milano sia dello stesso parere. L’impresa è però formidabile e bisognerebbe ben studiarla perché possa sanamente svilupparsi e riuscire. Quando Lei lo crederà opportuno, mi metterò a Sua disposizione per uno scambio di idee cogli amministratori del Comune di Milano”. Il presidente S.I.A.S. – il 2 marzo – è ancora possibilista: “Innanzi tutto la ringrazio per la cortese Sua del 14 febbraio u.s. Sono lieto di apprendere la Sua entusiastica adesione all’idea che nel parco di Monza vengano organizzate le Olimpiadi 1960. Ritengo di essermi reso perfettamente conto delle grandiosità dell’iniziativa e, al fine di esaminarla sotto i suoi molteplici aspetti, ho incaricato il comm. Franco Spotorno di prendere contatti con Lei e con il Sindaco di Milano per provocare successivamente delle riunioni con tutti gli elementi rappresentativi e tecnici, allo scopo di gettare le basi di questo importante impresa”.

Le successive riunioni preliminari sono spazzate via dalla pervicace volontà delle istituzioni politiche a privilegiare la candidatura di Roma. Nel 1955, nell’assemblea plenaria del C.I.O., Roma vince la concorrenza di Losanna (35 voti contro 24) e si aggiudica la diciassettesima Olimpiade. Per ovviare risarcire lo scippo perpetrato, l’Autodromo viene ricompensato – con dubbia fama – con la realizzazione del “catino di alta velocità” (1955).