Mi ritorni in mente: hockey, 1966 e quel volo fino alla Coppa Campioni

Candy, Arengo e un movimento che in città cresce e arriva a giocarsi, anni dopo, il più importante palcoscenico rotellistico continentale. Mario Bonati lo racconta nella rubrica Mi ritorni in mente.
Le pagine in bianco e nero della storia sportiva cittadina
Le pagine in bianco e nero della storia sportiva cittadina

Affermatissimo capitano d’impresa, Eden Fumagalli vorrebbe celebrare al meglio i fasti non piccoli di Monza sportiva. Figlio non pentito del taverniere di Cambiago, Eden si è fatto da solo, sfruttando in pieno le sue innate attitudini di comando. Sgomitando e imponendosi di suo, apre in città l’Omef. La concorrenza è spietata e implacabile, ma il nuovo arrivato ha ben chiare le regole per sfondare: prima il lavoro, dopo il lavoro e – per soprammercato – il lavoro. Eden tanto traffica e briga finché la nuova ditta prende il volo. Diviene uno dei punti di riferimento della produzione meccanica monzese. Prigioniero negli States durante il secondo conflitto mondiale, il figlio Enzo scopre in California le washing machines. E’ il colpo di fulmine che cambierà per sempre il destino dei Fumagalli.


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Ritornato a baita, Enzo abbozza i rivoluzionari vantaggi al genitore. Eden ha il bernoccolo per gli uomini e per gli affari: per questo rimanda il segnaccio pur mo’ schizzato a Niso. Pensi lui a tradurre in concreto l’idea astrusa del fratello. Diplomato ragioniere alle scuole Cardinal Ferrari, Niso ha il gusto della sperimentazione. Trafficando e forcando, Fumagalli sfrutta genialmente le sue conoscenze per produrre la prima lavabiancheria italiana. E’ il 1946: per dichiarare la sua imperitura riconoscenza all’intuizione che cambia per sempre le abitudini degli italiani, Niso battezza il neonato strumento meccanico “Candy”, riecheggiando uno swing in voga in quegli anni. Il boom degli anni cinquanta porta nelle case la geniale trovata dei Fumagalli: l’immane fatica di un tempo è riscattata dalla lavatrice pensata, costruita e prodotta in città.

Da apprendisti stregoni a industriali in carriera il passo è breve. Migliorando e perfezionando la tecnica costruttiva, la famiglia Fumagalli conquista la leadership europea degli elettrodomestici. Ricco sfondato, il Patriarca pensa di premiare Monza agonistica con una sovvenzione mirata, capace cioè di coniugare riconoscenza e pubblicità. Il cuore dei figli – però – non pende per il football. Enzo e Niso aborrono i viziosi del balun; mentre Peppino stravede per la pallacanestro: per cui – scartata d’acchito l’innamoramento (interessato) dei Sada – la scelta cade sull’hockey a rotelle, sport nazionale dei monsciaschi bennati. Giovedì 21 febbraio 1963 il Cittadino titolata a piena pagina: “Domenica mattina l’Hockey Club Monza e l’Associazione Hockey Arengo (come effettivamente tali) si sono recati per l’ultima volta in… trasferta e precisamente a Brugherio, donde sono rientrati con le denominazioni modificate rispettivamente in H. C. Candy Monza e A. H. Candy Arengo. L’abbinamento, contratto con la grossa industria di macchine lavabiancheria, per le due squadre cittadine ha avuto infatti valore ufficiali il giorno 17, quando cioè al comm. Eden Fumagalli ed ai figli Niso, Enzo e Peppino sono stati presentato gli atleti, i tecnici ed i dirigenti”.

Il presidente “commendator Gatti, dopo aver espresso anche la sua personale soddisfazione per l’accordo raggiunto con la ditta Candy, ha sottolineato che i giocatori biancorossi posseggono indubbiamente i numeri per riconquistare lo scudetto tricolore. E’ poi intervenuto il comm. Eden Fumagalli con una applaudita “chiacchierata” da buon papà, nel corso della quale ha definito le due squadre “buon, belle e simpatiche”. Suo figlio Peppino ha precisato che le vicende degli atleti durante i tre anni dell’abbinamento lo interesseranno non solo agli effetti della propaganda commerciale, ma anche a soprattutto di quella sportiva. Dopodiché i giocatori l’hanno praticamente assediato per metterlo al corrente del modo col quale si sono comportati lo scorso anno e dell’attività internazionale da loro svolta”. Le stagioni 1963 e ’64 sono una dannazione per l’Hockey Candy Monza. La squadra è francamente sorpassata. Le gloriose cariatidi di cui sopra si degnano di impegnarsi una partita su tre. La Triestina ringrazia e si aggiudica la bellezza di tre titoli di fila.

Intanto, giovedì 12 dicembre ‘63 arriva il cambio della guardia per il glorioso sodalizio biancorosso: “La lotta in famiglia che durava da parecchi mesi in seno all’Hockey Candy Monza si è conclusa sabato sera al termine delle votazioni in sede di assemblea quando gli scrutatori hanno rivelato i nomi dei nuovi componenti il Consiglio Direttivo. Si è trattato, in pratica, di un’assemblea “veloce”, durata cioè molto meno del previsto, e che ha registrato la netta vittoria della lista d’opposizione, composta da: Bramati, Consiglio, Reina, Moioli, Citterio, Bettini e Vincenzo Villa. L’unico argomento che ha destato un certo interesse e che ha provocato più di un intervento è stato quello riguardante il bilancio finanziario. A titolo di cronaca segnaliamo che i vecchi consiglieri, Redaelli, Barzaghi e Gigi Castoldi non hanno proposto la loro candidatura, preferendo rassegnare le dimissioni; Reina è risultato ancora eletto, mentre non hanno più riscosso la fiducia dei soci il presidente ed il vice presidente uscenti: comm. Gatti e dr. Rossi”. Le cariche sociali “in senso al nuovo C. D. non sono state ancora distribuite. Per ora soltanto sappiamo, in forma ufficiosa, che la Commissione Tecnica verrà formata da Bolis (per la prima squadra), Morello (per l’Arengo) e Zorloni (per la Giovani Hockeysiti)”.

Dal ’65 al ’66, il Candy Monza – svecchiata la formazione – conquista due scudetti uno dopo l’altro, ribadendo la vitalità del movimento hockeistico cittadino. In media, oltre duemila persone si appassionato alle prodezze dei biancorossi sulla pista di via Boccaccio, camera di compensazione per il città coi danè e quella che stringe la cinghia. I tempi sono maturi per la prima Coppa dei Campioni, organizzata dalla Cers. In lizza sono il Voltregà, vincitore della Copa del Generalissimo; il Candy Monza, con sponsorizzazione prorogata fino al ‘68; i francesi del Gujan-Mestras e i tedeschi dell’Herten. Il Benfica, dominatori del campionato lusitano ’66, non ha la possibilità di sfidare i meglio fichi del bigoncio della crema continentale. I dirigenti della “Aquile” fraintendono e non spediscono in tempo la richiesta. Il giovanissimo Antonio Livramento si rode in fegato e morde il freno: tre anni dopo, sarà il colpo a sensazione dell’Hockey Monza. Le semifinali oppongono il Gujan-Mestras al Voltregà e il Candy Monza all’Herten. Gli spagnoli spazzato via i malcapitati avversari con goleade più che imbarazzanti (13-2; 9-1). Il Candy Monza deve piegare la truculenta resistenza dei rudi giocatori della Ruhr.

“Per i giocatori monzesi si è sostanzialmente trattato di sostenere una battaglia campale cogli irriducibili avversari germanici che, consci della povertà dei loro mezzi tecnici sono ricorsi a tutti gli espedienti, anche i più sleali, pur di ottenere una del resto impossibile affermazione”, annota il servizio di Giandomenico Barzaghi. “Già i preliminari della partita spiegano quale sia stato il trattamento usato dall’Herten nei confronti degli ospiti che, benché giunti sul posto alle 13 di venerdì, soltanto il pomeriggio del giorno seguente hanno avuto la possibilità di visitare il campo di gioco scoprendo l’insidia che vi si celava: oltre a non essere regolare, la pista è in parquet e quindi oltremodo scorrevole tanto da richiedere speciali ruote di caucciù ai pattini onde determinare il necessario attrito per le frenate. Infatti i tedeschi si erano in tal senso cautelati, mentre i monzesi sono stati costretti a calzare i normali pattini con ruote di plastica restando così fortemente handicappati nel gioco perché indotti ad usare la massima prudenza onde evitare pericolose cadute. Invano gli ospiti hanno poi chiesto di spargere almeno del gesso sulla pista al fine di ovviare in parte la scivolosità, e solo dopo l’intervento della polizia i monzesi riuscivano a buttarne qualche manciata nell’area di porta”.

Ma i padroni di casa “avevano in serbo altre e sempre sgradite sorprese. Ad esempio, l’ingiustificati prolungamento dell’incontro di circa dieci minuti, avendo il cronometrista non ufficiale (per la precisione un dirigente dell’Herten) fermato le lancette, col pretesto dell’infortunio di Bosisio, nella speranza che i tedeschi, giunti sul 3-5, potessero compiere la rimonta; infine il gioco violento ed intimidatorio praticato dai locali e di cui hanno fatto le spese un po’ tutti biancorossi ma specialmente Bosisio che, colpito al 18’ della ripresa da una bastonata al viso, doveva essere trasportato subito in ospedale per medicare la vasta ferita riportata allo zigomo. Ciononostante, il Candy Monza non è venuto meno al pronostico vincendo per 6-3 grazie alle tre doppiette di Bortolini, Pessina e Bosisio”. Il retour match, ai Boschetti, è scontato: i biancorossi liquidano la pratica Herten per 5 a 0. Sabato 16 aprile, in via Boccaccio, l’andata della finalissima. “L’avvenimento agonistico dell’anno per lo sport cittadino è racchiuso nel primo round del confronto fra il Candy Monza ed il S. Ippolito di Voltregà (Barcellona) per la conquista del titolo europeo hockeistico di club. In sede di pronostico è favorita la compagine iberica che in effetti rappresenta l’intera nazionale spagnola, vale a dire i vice campioni del mondo”.

Bruno Bolis, l’ex portierissimo del Monza e della Nazionale, non si illude più di tanto: “Il sorteggio ci ha sfavorito per due motivi. Ci fosse toccato di giocare prima in trasferta, avremmo potuto trarre profitto dalla preventiva sconfitta attraverso lo studio degli avversari onde prendere le debite contromisure ai fini di una chiara rivincita nel “retour-match”. Invece sabato saremo costretti ad andare allo sbaraglio nell’intento di vincere col maggior scarto possibile di reti. Secondo inconveniente: in caso di spareggio, in base al regolamento, la partita verrà giocata sulla pista sede del secondo incontro, quindi a Barcellona.” Gli spagnoli sono più tosti degli avversari, “perché compongono in blocco la nazionale del loro paese e perché praticano il tipico gioco “a ruota” degli iberici: la palla cioè gira vorticosamente dagli attaccanti ai difensori che si alternano nel condurre le azioni di attacco”. Le due finali non hanno storia. Il Voltregà vince la prima edizione della Coppa dei Campioni battendo la squadra monzese per 3-1 e 6-2. Parella, i due Ferrer e Salarich sono marziani, per i alloccati giocatori biancorossi. Invitato ad esprimere un personale giudizio sull’incontro di ritorno, “Bolis ci ha dichiarato: “Non c’è stato niente da fare. Parella e soci pattinano benissimo e nel controllo di palla sono eccezionali. Noi abbiamo tentato l’impossibile, nel primo tempo guadagnandoci stima ed applausi”. Come dire: una resa senza condizioni condita da battimani di circostanza. Gli alunni di allora sono ormai gli insuperabili maestri di oggi e di domani.