FuoriPorta di Monti: Var ed eventuali, il protocollo dell’inconcepibile

È il bello del calcio. E dell’Italia. Il Var (Video Assistant Referee; cioè assistente dell’arbitro al video) è finito sotto accusa nel giorno in cui l’Uefa ne ha ufficializzato l’introduzione in Champions League. Il commento di Fabio Monti.
Arbitro calcio
Arbitro calcio Fabrizio Radaelli

È il bello del calcio. E dell’Italia. Il Var (Video Assistant Referee; cioè assistente dell’arbitro al video) è finito sotto accusa (dopo Roma-Inter, contatto D’Ambrosio-Zaniolo), nel giorno in cui l’Uefa ne ha ufficializzato l’introduzione in Champions League, a partire dagli ottavi di finali (12 e 13 febbraio 2019), con estensione all’Europeo Under 21 di giugno. Ad aumentare la confusione, ha provveduto il presidente dell’Aia, Marcello Nicchi, al terzo mandato (uno in più di un presidente degli Stati Uniti), che già aveva idee confuse quando arbitrava (espulse Andersson, che aveva chiesto alla panchina il cambio, in Vicenza-Bologna 2-0, 5 gennaio 1997), e che ha buttato lì un: «Errore inconcepibile». Non si capisce se riferito a Rocchi, arbitro in campo, che non ha visto, a Fabbri, arbitro Var, che non ha chiamato il collega a rivedere l’episodio oppure a entrambi. Nicchi è fatto così: era contrario a tutto, persino alle linee tracciate con lo spray sul prato, ma siccome è sensibile ad ogni soffio di vento, cambia spesso idea. Pro domo sua. Il vero problema non è il Var in quanto tale, elemento salvifico, per arbitri costretti a lottare contro non meno di venti telecamere, ma le disposizioni, che stanno alla base, chiamate in modo pomposo «protocollo». Ad esempio, il protocollo targato Ifab («ridicolo», secondo Casarin), prevede che si possa intervenire soltanto in presenza di «errori chiari ed evidenti». A parte che i due aggettivi sono sinonimi, non si capisce bene quale è la ratio di questa norma. Per questo l’Italia chiederà all’Ifab, unico organismo preposto al modifica delle regole del calcio, di modificare il «protocollo», aumentando il peso del Var. È venuto il momento di rendersi contro che l’introduzione della tecnologia a bordo campo ha un unico scopo: eliminare il più possibile gli errori, sfruttando l’aiuto delle immagini. Il concetto dell’arbitro padrone assoluto del match va archiviato; i tempi impongono il doppio arbitro, uno in campo e l’altro davanti al video, che governano la partita, in un continuo scambio di informazioni. Prima di pensare all’introduzione del Var in B, il vero problema da risolvere è legato al «protocollo» e alla spocchia dell’arbitro di campo. Che non si arrende al progresso.