Alla Pechino-Parigi col Portello di Seregno: alla scoperta di Kazan (e i suoi segreti)

LEGGI Il diario di Roberto Chiodi - 4 luglio,ultima tappa in territorio russo del rally Pechino-Parigi. Una tappa di 461 chilometri da Zavidovo a Smolensk. Il racconto del viaggio nel diario di Roberto Chiodi, al raid col Portello di Seregno.
Pechino-Parigi 2016: tra le insidie del 21mo giorno la banda di russi di bagnati del fiume che erano strapieni di vodka - foto Portello
Pechino-Parigi 2016: tra le insidie del 21mo giorno la banda di russi di bagnati del fiume che erano strapieni di vodka – foto Portello Redazione online

4 luglio,ultima tappa in territorio russo del rally Pechino-Parigi. Una tappa di 461 chilometri da Zavidovo a Smolensk.


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Dalle comunicazioni che arrivano dalla carovana attraverso il diario di bordo dell’alfista Roberto Chiodi su Giulia si apprende che il 1 luglio, giorno del terzo riposo, a Kazan: «la giornata a Kazan è cominciata con una ventina di concorrenti attorno a una sorta di brigante russo che assegnava a ciascuno l’indirizzo di un’officina dove fare le riparazioni (meccanici ufficiali già impegnati, nessun affidamento su di loro). “Chi ha bisogno soltanto di una saldatura?”, ha chiesto Rasputin. Mi sono fatto avanti solo io (Roberto Chiodi) , ho ricevuto un pezzetto di carta con un indirizzo. Sono schizzato via, ho preso un taxi, l’ho seguito in macchina e sono arrivato subito da Aleksandr. Nelle tre ore buone che sono rimasto da lui saranno passate almeno altre dieci auto del rally, ma Ale mi aveva preso a benvolere e si è ostinato, oltre alla saldatura, a sistemare praticamente tutta la Giulia, con gli altri che sbuffavano nell’attesa. Ha ricostruito di sana pianta una serie di pezzi, compresa la testina della direzione, bravissimo. Mentre stava fissando alla scocca il duomo dell’ammortizzatore che s’era dissaldato, qualche scintilla è finita sulle scarpe da ginnastica che hanno cominciato a fumare. Ho rischiato di fare la fine di Pinocchio . Il mio Geppetto russo non mi ha dato – come nel racconto – le tre pere della sua colazione, ma le gambe alla Giulia le ha praticamente rifatte.
La città è proprio bella, con una parte antica, una parte zarista molto opulenta, una parte infine moderna. Grandi viali, grandi parchi. La confluenza di due fiumi, Volga e Kazanka, la fa somigliare alle grandi capitali europee. Notizie del rally: stanno rientrando molti dei concorrenti che si erano attardati per gravi problemi di motore. Noi siamo al sedicesimo posto assoluto, terzi di categoria, primi degli italiani. E, soprattutto, conserviamo la medaglia d’oro: solo in 18 su 57 nella categoria dopoguerra».

Nella tappa del 2 luglio, da Kazan a Nizhny Novgorod di 436 chilometri, le insidie del 23mo giorno sono state tre: la strada dal milione di toppe, il ponte di barche e la banda dei bagnanti del fiume. «La prima insidia è frutto della mente distorta di chi ha organizzato questo rally- ha scritto con molto disappunto Roberto Chiodi- non c’era nessun bisogno di deviare puntualmente dalla strada principale per il solo scopo di far passare cento macchine malandate in stradine disastrate e rappezzate malamente. La seconda insidia era mentale. Il ponte di barche, sul quale siamo transitati con timorosa circospezione, ansimava. Si vedeva la superficie metallica fluttuare e il movimento ondulatorio era un crescendo minaccioso. Abbiamo pensato che potevamo finire in acqua, sbranati da qualche storione e ci siamo avviati alla fine del ponte con sollievo. Non sapendo, che al posto del famelico storione ci attendeva la terza insidia: la banda dei bagnanti del fiume. Dovevano aver pasteggiato a vodka, erano in costume da bagno, qualcuno in mutande. Hanno tentato di bloccare la Bentley davanti a noi ma il guidatore è scattato via. Io ho provato a ingraziarmi uno dei banditi con la testa a proiettile – che mi si era parato minaccioso davanti – facendo un gesto per deplorare la fuga della Bentley. Quello mi ha fatto capire che se non scendevamo subito poteva disintegrarci, noi e la Giulia, con una sola capocciata. Mentre stavo per arrendermi e invocare la Convenzione di Ginevra per i rallisti prigionieri politici, Rita Degli Esposti, mia moglie, ha avuto il colpo di genio ricorrendo alla “Cartolina del paradiso”, un cartoncino con la vignetta di Erika che ci rappresenta e che, donato in più copie al meno sobrio della banda, ha scatenato l’inizio della solita baraonda. L’uomo proiettile si é disinnescato e agitando l’ogiva come un randello ha cercato di accaparrarsi la sua quota di paradiso cartaceo. Ho colto l’occasione al balzo e sono subito evaso. Gridando “Do svidanija tovarich!».

Domenica 3 luglio, tanta monotonia nella tappa da Nizhny Novgorod a Zavidovo di 613 chilometri , tanto che l’abbiocco è stato costante. “ La prima prova all’Ncircuit è stata a 40 chilometri dall’albergo- ha scritto Chiodi- tre giri di pista, ho tirato fino a 5.000 giri, il co-driver ha smadonnato un po’. Non mi superava nessuno fin quando nello specchietto é apparsa la perfida Bristol (miglior tempo assoluto nella prova in pista dell’altro ieri, ma solo perché aveva fatto un giro di meno…). Ho urlato “Corvo rosso, non avrai il mio scalpo!” e non mi sono fatto raggiungere. Nel pomeriggio, altri due test: il primo in un percorso di autocross, il secondo in una specie di corsa in salita”.