Monza e un museo I colori di Segota

Terza tappa del viaggio all’interno delle collezioni civiche di Monza in attesa dell’apertura dei Musei civici alla Casa degli Umiliati, in via Teodolinda. Un olio su tela di Niccolò Segota, studente dell’Isia, per raccontare uno scorcio di Monza che tutti conoscono.
Monza, ponte di San Gerardino di Niccolò Segota

Dieci anni fa la mostra organizzata dal Comune e dall’Università popolare di Monza, curata da Alberto Crespi. Prima e dopo tanto silenzio. Complice il fatto che lui stesso aveva dirottato per anni dall’attività artistica e si era rifugiato anche nella grafica. Eppure Niccolò Segota non è figlio minore delle raccolte dei Musei civici di Monza e chissà che non trovi spazio anche lui nella Casa degli Umiliati. Quando sarà. Tanto più che quando sarà (con buona approssimazione i primi mesi del 2014) saranno trent’anni dalla sua morte.

Nella sua carriera c’è tanto, e diverso. Il lavoro di accademia di quando studiava all’Isia monzese – raccontati da una raccolta di disegni che, ricordava Crespi nel 2003, sono entrati nelle collezioni civiche grazie a una donazione di Luca Crippa. La pittura murale successiva, le opere al cavalletto, la professione di illustratore, i collage. Molto è segno di un’epoca e mostra tutti gli anni che ha sulle spalle, senza particolari sconti e vale forse più per il suo spaccato storico che altro. Molto no. Anche quando dimostra tutti i suoi debiti artistici.

Come nella tela “Monza, ponte di san Gerardino”, un olio di cinquanta centrimenti per sessanta che rappresenta uno scorcio cittadino persino didascalico nell’immaginario comune: il lato dei porti del circolo Garibaldi, l’altra sponda dove oggi troveremmo una ciclabile e qualche panchina, la curca spigolosa del ponte che afffaccia diritto sul primo ospedale della città, il profilo delle case sul fondo che pare identico.

Usa i colori, Segota, per raccontare quel pezzo di Monza: linee diagonali che separano poligoni netti dove l’occhio vedrebbe sfumature, lasciando alla visione complessiva il compito di riassumere quello che ha visto il pittore. Per Crespi, dieci anni fa, «la costruzione del’immagine per traiettori prospettici è alla base di una lunga stagione» del pittoistare, «indice di una certa tendenza astratizzante e spiritualista».

Segota era nato a Zara, in Dalmazia, nel 1911, per morire a Milano nel 1984, il 4 luglio: fra sette mesi, trent’anni.