#Morosininpista, Verstappen-Leclerc come Prost-Senna 30 anni fa: la falsità di “incidente di corsa”

Il giornalista Nestore Morosini torna sui fatti del Gp d’Austria e spiega perché vedendo il duello Verstappen-Leclerc la memoria è tornata a 30 anni fa quando in pista c’erano Prost e Senna. Con un finale che prova come la formula 1 sia show business.
ferrari gp austria giugno 2019 Formula 1 Leclerc
ferrari gp austria giugno 2019 Formula 1 Leclerc

Ho riguardato attentamente l’episodio del contatto fra Max Verstappen e Charles Leclerc e sono arrivato a una conclusione e a un ricordo. Il contatto di Verstappen è voluto. Quindi, sebbene non sia molto forte, è scorretto. Perché voluto e perché scorretto? Perché arrivando a ridosso di Leclerc, il pilota della Red Bull non occupa tutta la pista con grande spazio alla sua destra ma va di proposito a incontrare la Ferrari con lo scopo preciso di accompagnarla fuori tracciato. Una manovra da pilota, sicuramente, ma non consentita dal regolamento.

Una manovra, però, stupida perché essendo Verstappen molto più veloce avrebbe potuto superare Leclerc nel rettilineo seguente senza provocare l’investigazione da parte dei commissari che se avessero giudicato con il metro dei commissari in Canada gli avrebbe provocato una penalizzazione con perdita del gran premio. Come quel calciatore che, senza che ci sia l’evidente pericolo di subire un gol, sgambetta da dietro un avversario a metà campo venendo espulso costringendo la propria squadra a giocare in inferiorità numerica.

L’episodio di domenica mi riporta indietro di trent’anni, sulla pista di Suzuka: dove Alain Prost e Ayrton Senna si stavano giocando, al volante entrambi di una vettura McLaren il titolo mondiale nel GP del Giappone penultima gara del mondiale 1989.

Il francese era in testa con 70 punti, il brasiliano seguiva a quota 60. Al via Prost scattò meglio del compagno di squadra, conquistando inizialmente un buon margine su Senna. Dopo il cambio gomme il brasiliano cominciò a rimontare, portandosi a ridosso del rivale. Al 46º giro il fattaccio: Senna attaccò Prost alla chicane del triangolo, il francese strinse il brasiliano e lo “portò” fuori pista.
Prost, ormai sicuro di aver vinto il mondiale, scese dalla vettura, ma Senna rimase all’interno dell’abitacolo e, grazie all’aiuto dei commissari di percorso, riuscì a ripartire, portandosi in testa. La vettura del brasiliano era però danneggiata e Senna dovette rientrare ai box per sostituire il musetto, cedendo la prima posizione a Nannini; il pilota italiano non poté però resistere alla rimonta di Ayrton, che nel corso del 51º passaggio lo superò, tagliando dopo due giri per primo il traguardo.

Subito dopo la gara, tuttavia, Senna fu squalificato per aver tratto vantaggio dalla spinta dei commissari, rientrando in pista dalla via di fuga della chicane e non percorrendo la chicane medesima. Apriti cielo. Senna e la McLaren fanno appello contro la decisione dei commissari e il caso crea ulteriori polemiche perché Prost è sotto contratto col team inglese e questo gesto di Ron Dennis viene visto come irrispettoso nei confronti di Prost, che comunque di lì a poco sarebbe passato alla Ferrari. A creare ulteriori, roventi polemiche sono le parole di Ayrton Senna che ipotizza che dietro alla squalifica ci sia il Presidente della FISA Jean-Marie Balestre, connazionale di Prost e amico del pilota francese.

Al processo d’appello, i giudici non accolgono il ricorso della McLaren, anzi, inaspriscono la pena a Senna, che si vede rifilata una multa di 100.000 dollari. Ma oltre alla multa salata, a fare arrabbiare Ayrton sono le parole della FISA, che definiscono il brasiliano come “un pilota pericoloso per la sicurezza degli altri piloti”: dichiara che la Federazione, togliendogli la vittoria di Suzuka, ha truccato il campionato. La FISA continua il braccio di ferro e decide di sospendere per sei mesi la superlicenza di Senna, mettendo così a rischio la partecipazione del pilota della McLaren alle prime gare del 1990. Tuttavia la Federazione impone la condizionale sulla squalifica, quindi Senna può tranquillamente essere al via del mondiale 1990. E a Suzuka, quando Prost con la Ferrari è in lotta per il titolo piloti, Senna alla partenza del gran premio lo sperona mandandolo in rovina fuori pista. La manovra di Senna desterà grandissime polemiche, riaccendendo la rivalità tra il brasiliano e Prost, ma la Federazione Internazionale, contrariamente a quanto aveva fatto l’anno prima, non sanziona nessuno dei due piloti, considerando l’accaduto come un incidente di gara. Il ritiro di Prost dà a Senna la certezza matematica della conquista del titolo iridato. E, con un tocco di ironica sincerità, Senna dirà: “L’ho speronato apposta”.

Questo fatto accaduto trent’anni fa è sintomatico nella falsità della definizione di “incidente di corsa”. Una definizione di comodo, perché un incidente ha sempre un colpevole. E se i commissari di gara non sono sempre gli stessi, allora vuol dire che le decisioni si possono girare, variandole di gran premio in gran premio.
Com’è avvenuto in Canada e in Austria, a riprova del fatto che la formula 1 non è più uno sport ma solo show business.