Formula 1, Morosini in pista: il mio scoop su Lauda che lascia la Ferrari per la Brabham

Venerdì 22 febbraio Niki Lauda ha compiuto settant’anni. Un ricordo di Nestore Morosini di 42 anni fa, quando Niki aveva 28 anni e guidava la Ferrari, tratto dal suo ultimo libro “Quando ci divertivamo con il calcio e la formula 1”.
Niki Lauda
Niki Lauda

Digione, 1° luglio 1977: prima giornata di qualificazioni del G.P. di Francia. Erano le 18, avevo appena finito di scrivere il mio servizio e gironzolavo per il paddock alla ricerca di qualche amico con cui passare un paio d’ore. Incrociai in Carlos Alberto Reutemann, compagno di squadra di Niki Lauda alla Ferrari. Lui mi disse: «Gringo, posso darti una notizia sensazionale». La parola “gringo” la riservava ai giornalisti con cui aveva più confidenza.

«Qual è ’sta notizia sensazionale?», replicai. E lui: «Niki se ne va dalla Ferrari, va alla Brabham». «E chi te lo detto, lui?». «No, l’ho sentito che lo diceva a Callisto Tanzi patron della Parmalat che sponsorizza la scuderia di Ecclestone. Io ero salito sul caravan della Parmalat, avevo voglia di fare un pisolino e mi sono sistemato sul letto sopra il divano. Sono entrati Niki e Tanzi e, senza accorgersi che c’ero anch’io, hanno cominciato a parlare della stagione 1978. Se ti serve, puoi usare questa notizia basta che non riveli da dove ti arriva».

Andai in sala stampa, telefonai a Lorenzo Pilogallo, il redattore capo dello sport al Corriere della Sera, il quale ascoltò il mio racconto e poi, dopo dieci secondi di silenzio, mi disse: «Scrivi con molta attenzione perché proprio due giorni fa ho parlato con Ferrari il quale mi ha rivelato una frase che Niki gli aveva detto qualche settimana fa. Gli aveva detto: “Commendatore, fino a quando c’è lei alla guida della Ferrari io resto”».

Mi ero un po’ raffreddato. Ma ebbi un’idea. Cercai un carissimo collega, che purtroppo non c’è più, Miguel Angel Merlo inviato del giornale Clarin di Buenos Aires e gli chiesi lumi sull’affidabilità di Carlo Reutemann: temevo uno scherzo, probabile dopo le parole di Pilogallo. E gli soffiai la notizia. Miguel Angel Merlo mi rassicurò dicendomi che Carlos era un uomo d’onore, rispettoso della professionalità dei giornalisti, un uomo che mai si sarebbe sognato di fabbricarsi uno scoop per fare uno scherzo a un giornalista. Miguel Angel mi chiese di poter pubblicare la notizia sul suo giornale e io acconsentii. Poi scrissi l’articolo, senza troppe cautele, dando per certo l’uscita di Lauda dalla Ferrari.

A fine luglio, pista di Hockenheim, c’è il G.P. di Germania ero sulla pit lane, la prima giornata di qualifica era quasi terminata, Niki Lauda era al muretto. Mi vide, alzò la mano, con l’indice destro mi chiamò. Mi avvicinai e Lauda mi disse: «Tu scritto che io va via dalla Ferrari?». Risposi: «Sì, perché: non è vero?». E lui: «Io non dico adesso, però tu fatto a me grande kasino». Rimasi perplesso, Niki mi aveva rimproverato senza però darmi conferme. Ero sicuro che Reutemann mi avesse dato uno scoop ma la conferma non l’avevo.

La certezza che Niki se ne sarebbe andato mi arrivò da un dirigente dell’Alfa Romeo: Niki sarebbe andato il 15 agosto, giorno seguente al G.P. d’Austria, a Londra da Bernie Ecclestone per firmare il contratto con la Brabham. Parlai con Lorenzo Pilogallo sabato 14 agosto, e sul Corriere la notizia apparve il 15 mattina: per essere certi che non ci sarebbe stata risposta sui quotidiani poiché a Ferragosto nei giornali non si lavora.

Il giorno di Ferragosto, i colleghi della Gazzetta seppero, attraverso i loro canali, che l’aereo di Lauda aveva volato da Vienna a Londra. Enzo Ferrari si arrabbiò, per questi miei articoli e riteneva Luca di Montezemolo responsabile delle indiscrezioni, fatto non vero: gli spiegai, anni dopo, l’origine della notizia. Ma ho sempre avuto l’impressione che il Drake fosse convinto di avere ragione.

L’ufficialità dell’addio di Niki Lauda si ebbe il 29 agosto 1977, quando ormai vicino al titolo mondiale l’austriaco telefonò a Enzo Ferrari dicendogli: «Commendatore, l’anno prossimo io non guido per lei». Il martedì dopo l’addio di Lauda, Enzo Ferrari convocò una conferenza stampa a Modena, nei locali della vecchia Scuderia, in via Trento e Trieste. Lorenzo Pilogallo disse a Ferrari che avrebbe assistito alla conferenza stampa insieme a me. Ferrari gli rispose: «Non voglio vedere quel Morosini». E Pilogallo, gentiluomo, replicò: «Senza Morosini io non vengo e il Corriere della Sera alla sua conferenza stampa non ci sarà».

Ma il Drake era uomo intelligente e scaltro, mettersi in contrasto con il Corrierone non gli era conveniente e, quindi, accettò di invitarmi. Ero l’ultimo arrivato in Formula 1, mi misi perciò all’ultima fila di poltrone. Stetti sempre zitto ma quando Ferrari finì di rispondere all’ultima domanda, guardò in fondo alla sala e sussurrò qualcosa all’orecchio di Pilogallo. Lorenzo fece un cenno per farmi avvicinare. Andai, Ferrari mi porse la mano, mi dette una stretta vigorosa. Mi guardò, sorrise e disse in dialetto milanese, che conosceva dai tempi dell’Alfa Romeo: «Sei bravo, ma te set un gran rumpiball». E fu così che cominciò quella che per me fu una grande storia professionale.