F1, Morosini in pista: senza rischi, ma così tutto diventa più noioso

Pochi sorpassi e un abisso di differenze con lo sport che tra anni Settanta e inizi anni Duemila ha esaltato coraggio, velocità e fantasia di chi lavora per le monoposto o di chi si siede al volante per guidarle.
Sebastian Vettel dopo il successo di Melbourne
Sebastian Vettel dopo il successo di Melbourne

Mi sono riguardato il gran premio d’Australia, vinto dalla Ferrari di Sebastian Vettel e, a bocce ferme, lo spettacolo è diventato un tantino emozionante solo quando Hamilton si è messo a inseguire l’alfiere di Maranello. Uso il termine “tantino” perché, mentre Hamilton cercava di portare all’attacco col Drs la sua Mercedes, la regia televisiva insisteva nel mostrarci alternativamente anche le inutili “avances” di Ricciardo nei confronti di Raikkonen e di Verstappen nei confronti di Alonso. Neppure un sorpasso, fra i sei di testa, e neppure un sorpasso anche nelle retrovie. M’è balzato in testa il pensiero che la Formula 1 degli anni Settanta, Ottanta, Novanta e delle prime cinque stagioni degli anni 2000 fosse molto più divertente, quando a dominare si sono succedute McLaren, Williams, Ferrari. Oltre che più divertente, era molto più interessante perché il pilota per guidare doveva impegnarsi con la frizione, con i freni, con le staccate, con le curve, con i sorpassi. Non esistevano i ripartitori di frenata, come oggi, che pigi un pulsante e in una curva puoi frenare al meglio grazie all’elettronica. Non c’era cambio automatico, non c’era Drs per superare in rettilineo prima delle staccate e, soprattutto, per molto tempo ci fu anche il dualismo di gomme, fra Good Year e Michelin. Ma che Formula 1 ci stanno propinando?

Una Formula 1 dove un motore deve durare sette gran premi? Enzo Ferrari, l’ingegner Carlo Chiti, Mike Costin e Keith Duckworth fondatori della Cosworth, i tecnici della Maytra e della BRM si rivolteranno nella tomba! Una formula 1, dove chi entra in pit lane può, fino ad un certo punto, farlo a tutta velocità mentre chi sta fuori sotto regime di Virtual Safety Car deve andare a velocità controllata, quindi molto più piano? E la storia dei cinquemila dollari di multa alla Haas? Un meccanico capisce di non aver avvitato bene la ruota al pilota, si sbraccia forsennatamente e tutti o vedono in Tv e sulla pit lane. Prima che il pilota della Haas arrivi a uscire dalla pit lane ci sono, in Australia, 200 e forse più metri: qualcuno lo ferma? Neppure per sogno. E la storia alla Haas si ripete poco dopo con l’altro pilota, mentre il primo (che è Magnussen) si ferma in curva, mettendo in pericolo gli altri concorrenti, e il secondo (che è Grosjean) si ferma anche lui. Solo 5000 dollari di multa per ciascun pilota Haas, una inezia per un’infrazione così grave: come se a me facessero 5 euro di multa per aver viaggiato in corsia di emergenza sull’autostrada? Mentre Ricciardo, per aver superato di un po’ la velocità in regime di bandiera rossa, velocità subito abbassata vistosamente, viene sanzionato con tre posizione in griglia di partenza? Ridicolo.

La formula 1 deve diminuire i costi? Una bugia che ha le gambe corte quando si vede Hamilton smanettare pigiando i pulsanti di un volante che, non esagero, costa quanto un auto di lusso! La verità è che questa Formula 1 è figlia di un compromesso antistorico. Antistorico nei confronti dell’automobile e dell’automobilismo. Il vecchio Drake sosteneva a spada tratta la sua idea di Formula 1: un solo paletto (tot litri di benzina, o cilindrata e tipologia del motore, o peso della vettura e via dicendo) e poi spazio libero alla fantasia dei progettisti. Quando arrivarono le minigonne sulla Lotus 78, la Formula 1 si mise a copiare. Erano pericolose? Aboliamole. Anzi no modifichiamole. E da allora è stata una escalation di regolamenti tecnici uno più assurdo dell’altro per arrivare dove? All’obiettivo sicurezza, sostengono le giacche blu federali e i padroni del Circus. Allo show business, sostengo invece io. Altro che sport, la Formula 1 di oggi! Uno sport è tale perché vede la competizione fra entità: mezzi meccanici e uomini che li azionano. Una competizione di fronte alla quale gli spettatori si esaltano e non sbadigliano, come purtroppo accade spessissimo in questi tempi definiti moderni. Una competizione dove chi guida anche a 350 all’ora può rischiare l’incolumità, come recitano i grandi cartelli posti negli autodromi inglesi: “Motorsport is dangerous”, il motorsport è pericoloso. Bruno Giacomelli, che è un pilota della vecchia generazione ed è uomo intelligente, sosteneva tempo fa che la Formula 1 attuale è noiosa perché le manca il rischio. E io sono con lui.