F1, Morosini in pista: il primo giorno di Hockenheim e la bistecca con Ghinzani e Piquet

L’incidente che Niki Lauda subì al Nuerburgring fu la causa del trasferimento del GP di Germania sul circuito di Hockenheim. La giorrnata dell’inagurazione e un pranzo insieme a Ghinzani e Piquet.
Niki Lauda
Niki Lauda

L’incidente che Niki Lauda subì al Nuerburgring fu la causa del trasferimento del GP di Germania sul circuito di Hockenheim, nei pressi della città universitaria di Heidelberg. Il più bello, lungo e pericoloso circuito automobilistico del mondo, giusto cinquantanni dopo la sua realizzazione, cessò di ospitare la formula 1 nel 1977 che vi ritornò nel 1985 in occasione dell’inaugurazione del piccolo Nuerburgring, un circuito sul quale si corsero il GP di Germania e poi il GP del Lussemburgo e il GP d’Europa.


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Il comitato piloti, dopo l’incidente di Lauda del 1976, chiese all’Automobile club di Germania di spostare il gran premio a Hockenheim, previa supervisione della pista da parte dello stesso pilota austriaco che la visionò nella primavera del 1977. Fui inviato a raccontare la giornata in cui Hockenheim diventava sede ufficiale del GP di Germania. Facemmo un giro con un bus dell’Automobile Club tedesco, Lauda invitò i media a una conferenza stampa nel primo pomeriggio. Poi andai a pranzo nel ristorante del Circuito.

Mi accomodai a un tavolino, e aspettai il cameriere. Era giovedì e l’indomani ci sarebbero state le prove del gran premio di formula 3, valevole per il campionato europeo. Così immaginai che i due ragazzi che sedevano al tavolino vicino a al mio fossero piloti di quella categoria. Lo erano, uno italiano e uno brasiliano. Li invitai così al mio tavolo, e al cameriere ordinammo il pranzo: tre enormi bistecche cotte al sangue. Ovviamente pagai il conto, poi ci mettemmo a parlare della formula 1, delle formule minori, del calcio italiano e di quello brasiliano.
Mi vergognavo un po’ di non conoscere i loro nomi, ma stavo zitto perché non volevo offendere la loro suscettibilità, perché anche i piloti delle formule minori hanno il loro pubblico che li conosce e ne conosce risultati e segreti. Si presentarono: l’italiano era Piercarlo Ghinzani, il brasiliano Nelson Piquet.

«Giriamo i circuiti di formula 3 – mi spiegò Ghinzani – con l’areo del nostro collega pilota Elio de Angelis che ci da sempre un passaggio. E se riusciamo scroccare una bistecca siamo ben contenti, perché di grano ne abbiamo davvero poco, appena sufficiente a pagarci gli alberghi».

Una pacca sulle loro spalle, poi mi diressi verso la sala stampa dove Niki ci spiegò per filo e per segno i motivi per i quali era meglio abbandonare il vecchio e lungo circuito del Nuerburgring. Fra questo motivi, il principale era quello della difficoltà di fare arrivare i mezzi di soccorso in caso di incidente.

«Io sono la prova vivente di questa difficoltà – ci disse Lauda -. Se non fosse stato per i miei colleghi non sarei qui a parlavi».

Finita la conferenza stampa, scrissi e dettai l’articolo. Poi, avendo tempo a disposizione e la curiosità di vedere all’opera i miei compagni di pranzo, salii in sala stampa per seguire le prove della formula 3. Ero contento di averli conosciuti e lo sarei stato ancor di più negli anni dopo. Piercarlo in quell’anno vinse l’europeo di formula 3, nonostante fosse un duro e andasse davvero forte ebbe una carriera molto meno fortunata di Piquet che vinse tre titoli mondiali di formula 1. Ed Elio de Angelis vinse il gran premio della Lotteria di Monza. Nel 1978, Ghinzani che non trovava un volante per le categorie superiori, si iscrisse nuovamente all’europeo di formula 3 ma il presidente della FIA, Jean Marie Balestra, fece varare in corso d’opera una norma per cui i campioni di F3 non potessero avere punti se avessero corso nella medesima categoria.

La norma aveva un preciso obiettivo: far diventare campione europeo Alain Prost, che correva quell’anno in F3. Prost si laureò campione europeo solo nel 1979 perché nel ’78 il titolo andò all’olandese Lammers che corse poi con ATS.

Con Piercarlo ho sempre avuto un rapporto molto amichevole, con Piquet meno. Ogni volta che ci incontriamo, lui ricorda quella bistecca di Hockenheim. Che non fu scroccata perché che, in fin dei conti, avevo avuto un gran piacere a pagarla.