F1, Morosini in pista: Hamilton, vittoria imbarazzante in Russia (e il titolo in tasca)

Imbarazzante. Vincere così fa bene alla classifica e agli interessi di squadra. Ma non fa bene alla credibilità di uno sport quando un pilota, Bottas, che stava dominando a Sochi il GP di Russia, è costretto dalla squadra a rallentare vistosamente in curva per far passare Lewis Hamilton e lanciarlo verso la settantesima vittoria in carriera e, soprattutto, verso il quinto titolo mondiale della formula 1.
Lewis Hamilton
Lewis Hamilton

Imbarazzante. Vincere così fa bene alla classifica e agli interessi di squadra. Ma non fa bene alla credibilità di uno sport quando un pilota, Bottas, che stava dominando a Sochi il GP di Russia, è costretto dalla squadra a rallentare vistosamente in curva per far passare Lewis Hamilton e lanciarlo verso la settantesima vittoria in carriera e, soprattutto, verso il quinto titolo mondiale della formula 1.

Intendiamoci. Manovra lecita sotto il profilo del regolamento, quella della Mercedes, ma non gradita dal pubblico che ha accolto il vincitore, quando è uscito dalla monoposto, con un gelido silenzio. Un silenzio che Lewis, come se si vergognasse dell’accaduto, ha accettato nell’atteggiamento: perché prima di uscire dalla monoposto, il campione del mondo ha esitato, impiegando molto più tempo del dovuto a togliere il volante e rimetterlo a posto, toccando leve e levette senza alcun motivo, chinandosi a guardare le strumentazioni. In altre parole, ha perso tempo prima di recarsi da Bottas che, a sua volta, lo ha accolto senza un sorriso.

Detto questo, mi sembra che il discorso titolo mondiale sia bell’e concluso. Vettel è giunto terzo, il suo distacco da Hamilton è passato a 50 punti quando alla fine del campionato mancano cinque gare. Diamo pane al pane: il pilota tedesco ha perso il titolo per proprie colpe, per aver gettato al vento un sacco di punti commettendo molti errori. Ma lo ha perso anche per qualche sbaglio sia del muretto Ferrari sia del compagno di squadra, che nei momenti topici non è mai stato all’altezza di una squadra a caccia dei titoli mondiali. Il comportamento di Raikkonen può anche suscitare il sospetto di una sfiducia nella leadership di Vettel, preferendo in qualche circostanza tentare la vicenda personale piuttosto che obbedire alle direttive della squadra.

Come avevo giustamente visto dopo la qualifica, la Mercedes è tornata ad avere la supremazia di macchina, anche motoristica. In rettilineo, la Ferrari ha reso quasi dieci chilometri all’ora alla macchina tedesca, Vettel anche in regime di DSR non è mai riuscito a superare Bottas. Con queste premesse la vittoria di Hamilton nel mondiale 2018 di formula 1, mi sembra scontata. E’ vero che mancano cinque gara al termine (Giappone, Usa, Messico, Brasile, Abu Dabi), ma per perdere 50 punti Hamilton dovrebbe ritirarsi due volte e contemporaneamente Vettel dovrebbe vincere quelle due gare e conquistare un punto in più nelle altre tre. Un’ipotesi che appare fantascientifica o, se volete, miracolistica.

Monza è stata la cima della montagna che la Ferrari aveva scalato con molta facilità. Ma proprio nel momento di piantare la bandiera, la Rossa è scivolata in maniera clamorosa, come farebbe un alpinista che salisse una parete scivolosa con scarpe da tennis invece che scarponi specifici. Dopo quella scivolata, la Rossa non è stata più in grado di riprendere l’ascesa con la solita facilità. La Mercedes, nel frattempo, ha sviluppato le proprie potenzialità e ha effettuato il sorpasso tecnico e aerodinamico. E oggi è di nuovo la monoposto da battere. Con una possibilità su diecimila, a mio avviso, che Maranello riesca a reinvertire il trend ai tre quinti del campionato.

L’amara conclusione è che ancora una volta ai tifosi della Ferrari si prospetti un finale di campionato deludente. Aggiungerei, più che in altre occasioni perché la Rossa è passata da una possibile vittoria alla sconfitta cocente. Questo sicuramente provocherà un esame di coscienza aziendale dalle conseguenze imprevedibili. Non esclusa quella del ribaltone al vertice della GES.