F1, Morosini in pista: a Singapore vietato sbagliare per Vettel, «ma il mio nemico sono io»

La vigilia delle prove libere del Gp notturno di Singapore, settima gara prima della fine del mondiale, ha proposto un esame di coscienza di Sebastian Vettel. Ne parla il giornalista Nestore Morosini.
Monza Gran premio 2018 Le Ferrari il primo giro alla prima variante
Monza Gran premio 2018 Le Ferrari il primo giro alla prima variante Fabrizio Radaelli

La vigilia delle prove libere del Gp notturno di Singapore, settima gara prima della fine del mondiale, ha proposto un esame di coscienza di Sebastian Vettel. Dopo aver spiegato che il quarto posto di Monza è stata una fortuna, il tedesco ha ammesso: «Hamilton è l’uomo da battere però sono io il mio nemico. Solo pensando a noi e facendo tutto bene potremo portare a casa il titolo».

Una confessione onesta, un esame di coscienza (magari aiutato dal team!) sui molti errori commessi al volante della Ferrari più performante dai tempi felici di Michael Schumacher. È stato calcolato che Vettel abbia perso, con gli errori commessi in gara, circa 60 punti: se non avesse mai sbagliato sarebbe 30 punti davanti ad Hamilton e in tasca avrebbe già più di mezzo titolo mondiale. Diciamo che sessanta punti sono forse troppi, ma una quarantina probabilmente è la cifra giusta. In ogni caso, senza sbagli guiderebbe il mondiale.

Un’aggiuntina all’esame di coscienza (“solo pensando a noi…..”) la dice lunga su quel lui e Raikkonen (“non sono io che me ne sono andato dalla Ferrari”, ha spiegato) dovranno fare da domenica in avanti. E cioè correre come fanno i piloti della Mercedes. Bottas, che non ha più chances iridate, lavora per Hamilton, a Monza fu definito “maggiordomo” da Maurizio Arrivabene, termine che non mi trova d’accordo anche perché nei miei commenti ho sostenuto la tesi del “Tutti colpevoli: la Ferrari, Vettel, Raikkonen”.

I mondiali, soprattutto quello dei costruttori che ai team interessa più di quello piloti per via dell’immagine che un tale titolo si porta dietro, si vincono soprattutto tenendo ben presente per prima cosa gli interessi del team e poi quelli di gerarchia.

Alla Ferrari ci dev’essere stato un “redde rationem” prima della partenza per Singapore, una riunione in cui per forza sono state messe sul tavolo tutte le cose che finora sono andate di traverso, ultima quella di Monza dove una mancata collaborazione ha incendiato di entusiasmo i fans di Kimi ma, al tempo stesso, ha dato una mazzata alle classifiche mondiali. Ora, il fatto che Raikkonen abbia accettato per i prossimi due anni di fare da “babbo”, giustamente, ben pagato alla Sauber Alfa Romeo, la dice lunga su ciò che accadrà fra i piloti Ferrari sul circuito di Marina Bay: Raikkonen lavorerà per i punti di Vettel e per i punti della Ferrari se la gara si metterà come i tecnici di Maranello spiegano.

Marin Bay è un circuito cittadino, con molte curve sul quale la Ferrari far valere la propria potenza nelle uscite di curve, 23 in totale, che è la prima preoccupazione dei tecnici Mercedes. Dice infatti Aldo Costa, l’ingegnere italiano ex Ferrari responsabile del Progetto e Sviluppo del team Mercedes-AMG Petronas Motorsport: «Non capiamo, la Ferrari potrebbe avere un motore che ha un’erogazione diversa e che noi non conosciamo oppure una diversa gestione dell’energia in vettura».
Se è vero che Vettel e Raikkonen hanno in mano una monoposto super, è anche vero che la Mercedes ha in Lewis Hamilton un pilota super. Ogni volta che Vettel ha commesso un errore Hamilton è sempre stato lì, pronto a farglielo pagare. E in questo si vede il grande campione.

A Singapore si corre fra i muretti che, a volte, bisogna sfiorare ma non toccare. Raikkonen, qualche ora fa, diceva che a volte un pilota non si accorge neppure se nei punti più difficili del tracciato tocca la protezione. Vettel ha già vinto con la Ferrari a Singapore, nel 2015, conosce bene il circuito e avrà a disposizione il Raikkonen di Monza, liberato da ogni pastoia di mercato piloti. Un alleato formidabile sul quale contare: senza, però, commettere errori.