F1, Morosini in pista: 40 anni fa l’11 settembre di Monza fatale a Ronnie Peterson

Quarant’anni sono passati dall’incidente che, il 10 settembre 1978, costò la vita nel Gp d’Italia a Monza a Ronnie Peterson, uno dei più veloci piloti che il circus abbia mai avuto con 123 Gp disputati con March, Tyrrell e Lotus, 10 vinti e 28 podi.
Monza, 1978, l'incidente a Ronnie Peterson
Monza, 1978, l’incidente a Ronnie Peterson

Quarant’anni sono passati dall’incidente che, il 10 settembre 1978, costò la vita a Ronnie Peterson, uno dei più veloci piloti che il circus abbia mai avuto con 123 Gp disputati con March, Tyrrell e Lotus, 10 vinti e 28 podi, a causa di una carambola poche centinaia di metri dopo la partenza del Gp d’Italia. Ronnie, che era nato il 14 febbraio 1944, morì nella notte fra il 10 e l’11 settembre per un’embolia gassosa: aveva sette fratture alla gamba sinistra e quattro a quella destra e i medici svedesi, interpellati dal team, si erano raccomandati di non operarlo. Lo conoscevo dal 1967, l’anno dopo lo vidi a Monza in una gara entusiasmante di F3 con Giannino Salvati, 42 giri ad alternarsi in testa. Poi Ronnie uscì dalla Parabolica in scia al rivale e vinse la gara in volata. Era tanto bravo che vinse il campionato europeo di F2 partecipando contemporaneamente anche alla F1. Nel corso della fatale stagione 1978 il talento di Ronnie Peterson venne imbrigliato da un contratto ’capestro’ con la Lotus che lo costrinse al ruolo di seconda guida, dietro Mario Andretti. Il rapporto con Colin Chapman andò così via via peggiorando (famoso il dito medio di Ronnie a Chapman dopo una pole con gomme da gara perché Colin gli aveva negato quelle da qualifica) fino a portare lo svedese a sottoscrivere un contratto con la McLaren per la stagione 1979.

Ma Monza, l’incidente fatale, tolse alla F1 uno dei suoi piloti più veloci e simpatici. E proprio nel Gp d’Italia Peterson, che aveva rotto il motore nella qualifica del venerdì, dovette partire con il vecchio modello Lotus 78. Al termine del giro di ricognizione lo svedese, che aveva montato il motore del primo muletto, incidentato nel warm up, sul secondo muletto finito nella sabbia, rientrò ai box per alcuni inconvenienti all’alimentazione ma venne comunque rimandato in pista poco dopo. Il via fu dato quando ancora in fondo allo schieramento c’erano macchine in movimento, si creò un imbuto e James Hunt urto di fianco la Lotus di Peterson, partito molto lento, che sbattè sulla protezione. La vettura, con l’avantreno distrutto, prese fuoco. Peterson fu estratto cosciente dalla Lotus, lo vidi salutare con la mano destra il pubblico, poi sparì nell’ambulanza e fu trasportato a Niguarda dove morì nella notte.

Per molto tempo, responsabile dell’incidente fu ritenuto Riccardo Patrese accusato soprattutto da Lauda e Hunt. Dopo tre anni la verità venne a galla quando uscirono alcuni documenti fotografici che provavano l’assoluta innocenza del padovano e la colpevolezza di Hunt.