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Monza, Scaccabarozzi (Cisl) e la crisi per la pandemia: «I lavoratori partecipino alle scelte delle aziende»

Il segretario generale della Cisl Monza Brianza Lecco sulla situazione economica della Brianza. «In Germania i rappresentanti eletti da tutti i lavoratori, iscritti o meno al sindacato, partecipano al board delle grandi e medie imprese, in posizione pressoché paritaria con gli azionisti. Il lavoro è rappresentato nei consigli di sorveglianza che definiscono le strategie delle imprese, nominano i manager, controllano il loro operato e votano anche contro le ipotesi di delocalizzazione»
Monza Mirco Scaccabarozzi Cisl Monza Lecco
Monza Mirco Scaccabarozzi Cisl Monza Lecco Fabrizio Radaelli

La pandemia, la cassa integrazione, la paura di perdere il posto, le strategie per il rilancio. La Brianza pensa al futuro e immagina come uscire dalla crisi. Ecco cosa ne pensa Mirco Scaccabarozzi, segretario generale della Cisl Monza Brianza Lecco.

Il covid continua a colpire e ai attende la terza ondata. Vicende come quelle della Icar dimostrano quanto stia soffrendo il tessuto produttivo. Qual è la situazione attuale delle aziende brianzole? Quanto è ancora esteso l’uso della cassa integrazione e degli ammortizzatori sociali?

I numeri della provincia di Monza Brianza tratteggiano un quadro ancora preoccupante. Le oltre 74mila imprese occupano circa 273mila addetti e producono 24,6 miliardi di euro di valore aggiunto (l’8% dell’economia lombarda) e 9,7 miliardi di export. Il manifatturiero è la vera locomotiva economica, contribuendo con il 27% del valore aggiunto e il 30% della forza lavoro. I segmenti produttivi contemplano anzitutto legno arredo e meccatronica, seguiti da chimica-farmaceutica e gomma-plastica. L’export nei primi 9 mesi del 2020 ha subito una debacle pari al 10%. Tra settembre e novembre nei territori di Monza e Milano sono state complessivamente autorizzate più di 86 milioni di ore di cassa integrazione ordinaria, straordinaria, e in deroga, senza tener conto di altre tipologie di cassa integrazione – Cisoa del settore agricolo – Fsba del settore artigianato – Fis del settore terziario – di cui non abbiamo un riscontro territoriale. Sulla base, ancorché parziale, dei nostri accordi si rileva che circa un lavoratore su quattro è stato coinvolto da richieste inerenti le varie tipologie di cassa. Il tessuto produttivo brianzolo che già aveva dimostrato capacità reattiva durante la crisi economica del 2009, anche nei mesi travagliati che stiamo vivendo manifesta la sua resilienza, rafforzando gli elementi di eccellenza quali ricerca e l’innovazione.

Il blocco dei licenziamenti ha permesso di congelare l’occupazione riducendo in questi mesi l’impatto della crisi sui lavoratori. Quando sarà tolto le aziende procederanno a ristrutturazioni anche dolorose. Quanti posti di lavoro rischia di perdere la Brianza? E quali possono essere le conseguenze dal punto di vista sociale?

Come evidenziato dallo studio Eurostat relativo all’impatto del Covid-19 sui mercati del lavoro, il rischio di perdita di reddito e di povertà varia a seconda delle fasce di età, dei settori economici e dei Paesi. Nei mercati del lavoro milioni di lavoratori sono stati colpiti da sospensioni dell’attività e licenziamenti temporanei (inclusa la riduzione dell’orario di lavoro), mentre è stato minore il rischio di perdere il posto di lavoro in quanto mitigato da schemi di sostegno a breve termine. Lo studio evidenzia che i lavoratori a basso reddito, compresi quelli al di sotto della soglia di rischio di povertà, hanno maggiori probabilità di essere licenziati temporaneamente o di perdere il lavoro. I giovani, i lavoratori scarsamente qualificati e quelli dei settori della ristorazione e ricettivo sono spesso sovrarappresentati nei gruppi di lavoratori a basso reddito in molti Paesi, e quindi sono a maggior rischio. I livelli più elevati di cassa integrazione hanno interessato soprattutto i settori ricettivo e della ristorazione, mentre il rischio maggiore di perdita del lavoro è stato più alto per i lavoratori temporanei, i giovani occupati (16-24 anni) e le occupazioni poco qualificate, dati che rispecchiano l’andamento occupazionale sul territorio. Quali soluzioni? Anzitutto gestire gli ammortizzatori in maniera solidale, con contratti di solidarietà come istanza di base. In secondo luogo occorre coinvolgere i cassaintegrati in processi di arricchimento delle competenze perché il lavoro tornerà ma diverso da prima. Infine la ricollocazione con l’utilizzo di politiche attive e dove vi siano aziende caratterizzate da una forte obsolescenza fare in modo che accanto al blocco dei licenziamenti ci siano percorsi di presa in carico e ricollocazione delle persone.

La vicenda della Voss di Osnago, azienda nella quale lavorano anche diversi residenti nella Brianza monzese ripropone il tema della delocalizzazione delle imprese che ha riguardato nel tempo diverse realtà brianzole. Come si può mettere freno al fenomeno? Occorrono norme più precise per la salvaguardia del lavoro?

La Cisl non avallerà mai alcun tentativo di fare della macelleria sociale. Ecco perché la lotta della Voss a Osnago, assume per noi un’importanza cruciale e una portata nazionale. Con la Voss si perpetua il processo che vede proprietari stranieri intenzionati a delocalizzare all’estero le produzioni. Per la Cisl la contrattazione e soprattutto la partecipazione dei lavoratori alle scelte strategiche delle imprese possono rappresentare un antidoto alle delocalizzazioni. In Germania i rappresentanti eletti da tutti i lavoratori, iscritti o meno al sindacato, partecipano al board delle grandi e medie imprese, in posizione pressoché paritaria con gli azionisti. Il lavoro è rappresentato nei consigli di sorveglianza che definiscono le strategie delle imprese, nominano i manager, controllano il loro operato e votano anche contro le ipotesi di delocalizzazione. La Cisl ritiene finalmente giunto il tempo di introdurre una forma sostanziale di democrazia economica anche in Italia, riconoscendo a lavoratrici e lavoratori una funzione di indirizzo e controllo, e dunque di eguale protagonismo nelle scelte delle imprese. La crisi economica connessa a quella pandemica rischia di generare derive inquietanti. Per la Cisl la parola chiave è partecipazione.

Ad esempio uno scambio economico fra un risparmio collettivo gestito dai lavoratori stessi a garanzia della stabilità di governance dell’impresa, che a sua volta promuove investimenti per uno sviluppo a lungo termine sostenibile sul piano sociale ed ecologico, capace quindi di alimentare anche una necessaria solidarietà tra le generazioni.