Monza e Brianza, il settore alimentare è in crescita: le aziende assumono

Stefano Bosisio (Cisl) fa il punto sul comparto: quadro positivo, qualche posto in più per Granarolo, Star, Beretta. Ma c’è anche chi ricorre alle coop
Usmate Velate, il sito della Granarolo
Usmate Velate, il sito della Granarolo Davide Perego

Un settore in crescita. E che assume per stare al passo dei volumi in aumento. L’alimentare brianzolo gode in generale di buona salute e questo si riflette sui numeri dell’occupazione, con accordi sindacali che favoriscono l’aumento delle ore lavorate e anche le possibilità di assunzione. Così sta succedendo in diverse aziende, brand molto conosciuti dall’alimentare italiano, che hanno sede anche in Brianza. Alla Granarolo di Usmate, ad esempio, è stato applicato un accordo sperimentale della durata di un anno sul turno di scorrimento.

Al termine della sperimentazione, studiata appunto per fare fronte alle accresciute richieste produttive, otto lavoratori passeranno dall’inquadramento a tempo determinato/somministrato a quello a tempo indeterminato. Si lavora 5 giorni a settimana ma spalmati su 6, dal martedì al sabato o anche dal mercoledí al lunedì, domenica esclusa. Un sistema possibile però con l’aggiunta di altri lavoratori. Gli stessi che, alla fine della sperimentazione che durerà un anno, potranno essere confermati se il turno in più garantito grazie a loro diventerà strutturale. «Dal punto di vista occupazionale – precisa Stefano Bosisio, 37 anni, segretario generale della Federazione agroalimentare e ambientale della Cisl Monza Brianza Lecco-, ci sono realtà virtuose dove esistono buone relazioni sindacali. In questi casi stipuliamo accordi che portano a un aumento dell’organico con assunzioni a tempo indeterminato. Altre aziende, purtroppo, puntano invece sempre sulla flessibilità estrema con l’uso delle cooperative». Dal punto di vista occupazionale qualcosa si muove anche in altre realtà di peso del comparto come la Star di Agrate. Li il sindacato sta chiedendo da tempo che si ricorra a nuovo personale e negli ultimi tempi qualche lavoratore in più è stato concesso: due persone sono state assunti nel mese di settembre e altrettante dovrebbero arrivare con gennaio. Non una crescita clamorosa, quindi, dal punto di vista delle persone impiegate, ma comunque un piccolo passo avanti che conferma il buon momento attraversato.

Ci sono produzioni, d’altra parte, che in questo periodo di pandemia, hanno conosciuto un aumento significativo, come il 45% in più di camomilla. In un comparto che, tra Monza e Lecco, dá lavoro a 5mila persone, qualche posto in più é saltato fuori anche in piccole realtà, salumifici, aziende che producono tramezzini, non colossi come i grandi marchi ma comunque soggetti industriali molto attivi che concorrono a tenere alto il fatturato del settore (500 miliardi di euro in Italia per l’agroalimentare, il 20% del pil) e che sono in grado di offrire qualche opportunità in più di lavoro. Ma le situazioni positive non sono finite qui: al Salumificio Beretta di Trezzo, per esempio, si è dovuti ricorrere ad accordi di lavoro 6×6 e al terzo turno notturno. Anche qui ci sono state assunzioni durante il periodo Covid rimpolpando un organico intorno alle 140 unità, con un buon numero di lavoratori residenti proprio in Brianza.

“É cambiato anche il modo di consumare -continua Bosisio, appena riconfermato nel suo ruolo nel sindacato con una segreteria di categoria composta anche da Arianna Oggioni e William Sala- la gente preferisce non fare la fila per farsi dare l’affetto ma comprare le buste già preparate”. Il quadro complessivo, insomma, é quello di un settore niente affatto in crisi, anche se poi non mancano situazioni un po’ più critiche. C’é chi è capace di produrre vera occupazione ma anche chi ricorre alle cooperative: “In effetti – aggiunge Bosisio – le aziende, i dirigenti, devono puntare al lavoro di qualità e smettere di svuotarle di professionalità, abbiamo il dovere di far grande il nostro Made in Italy”. Il nostro patrimonio enogastronomico va sostenuto, difeso da una concorrenza sleale che vuole far passare un’imitazione come il Prosek, invece dell’italianissimo e collaudato Prosecco. un’operazione tentata anche per altri prodotti che meritano, invece, di essere riconosciuti nella loro specificità.