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Lievitano tutti i costi per fare il pane: «Serve un intervento straordinario sulla filiera»

L’allarme dell’associazione di categoria: tutti gli ingredienti per fare il pane e i suoi derivati sono lievitati anche nei costi e così pure l’energia.
Monza Pane
Monza Pane Fabrizio Radaelli

Sarà pur vero che l’uomo non vive di solo pane, ma quando il prezzo aumenta il malcontento sale. Nessuno si aspetta un assalto ai forni di manzoniana memoria, ma sono gli stessi panificatori ad avvertire che i costi dell’intera filiera produttiva del pane sono cresciuti in modo insostenibile e ora a lievitare, oltre agli impasti, sono anche i prezzi per il consumatore. Per i panificatori artigiani la strada è ancora più tortuosa.

“Se aumentiamo il costo finale rischiamo di perdere coloro che già hanno ridotto i consumi – afferma il presidente di Unione Artigiani Milano e Monza-Brianza Stefano Fugazza, terza generazione di una famiglia di panettieri da 110 anni attivi nel quartiere milanese di Lambrate – Se abbassiamo la qualità, ci giochiamo la clientela più esigente, che è quella sulla quale tutti noi scommettiamo. Ma se non ritocchiamo i prezzi, non incassiamo il margine che ci consente di vivere e stare sul mercato. Complessivamente si tratta di uno/due centesimi a pagnotta ma noi dobbiamo moltiplicare questo costo decine di migliaia di volte per ogni panino che inforniamo”.

L’allarme, per la categoria, è già rovente: in pochi mesi le farine di qualità media sono aumentate fino all’80% ed è previsto un ulteriore balzo dal prossimo anno. Si registra una crescita vertiginosa dei prezzi di tutte le altre materie prime: burro, lieviti, olio, marmellate, cioccolato, senza parlare dei tempi di approvvigionamento e dei costi dei trasporti. Sono schizzati anche tutti i prezzi dell’energia, dal gas all’elettricità che impattano pesantemente sulle bollette per i forni.

I panificatori rischiano di diventare, come si dice dalle nostre parti, “possi”, come il pane invenduto. Avverte Fugazza: “Fra poco non avremo più margini da rosicchiare per poter stare in piedi. Serve un intervento straordinario sulla filiera”.

Insieme a tutti questi problemi, si aggiunge la mancanza di un ricambio di generazionale per un mestiere che richiede una dedizione unica.

Secondo i dati della Camera di Commercio di Milano, Lodi e Monza-Brianza elaborati dall’Ufficio Studi di Unione Artigiani, nella provincia briantea le panetterie artigiane attive sono oggi 168, un numero che è rimasto pressoché costante nell’ultimo decennio mentre le sole rivendite di pane sono calate, sempre nello stesso periodo, da 50 a 35. Tiene chi unisce la produzione con la ristorazione, in particolare nei centri storici o nelle vie dello shopping o degli uffici, anche se lo smart working sta costringendo alcuni panettieri a rifare i conti.

“Questo significa che c’è una domanda di qualità e un riconoscimento del valore del pane artigiano – sottolinea il Segretario Generale di Unione Artigiani Marco Accornero – ma temiamo il rischio che il nostro mercato si polarizzi tra il pane gourmet per chi se lo potrà permettere, e quello precotto della grande distribuzione, in particolare delle catene low-cost. Con il rischio di un progressivo abbandono del panettiere del quartiere”. Aumento in vista anche per i panettoni che “costeranno come minimo il 10% in più, se l’altro 10% che sarebbe necessario ce lo paghiamo noi”, conclude Fugazza.