Fallimento Mercatone Uno: undici imprese interessate, ma i tempi sono stretti

LEGGI Il Caso Mercatone Uno - Sindacati e commissari al Mise a Roma per la vertenza che riguarda Mercatone Uno, che a maggio ha chiuso i punti vendita compreso quello di Cesano Maderno che dava lavoro a 52 persone. I tempi sono stretti ma ci sono undici imprese interessate. C’è uno spiraglio per compensi della cassa integrazione.
Presidio Mercatone Uno
Presidio Mercatone Uno

Undici imprese interessate a alla galassia Mercatone Uno, uno spiraglio per l’integrazione della cassa integrazione ora ridotta a una miseria. Sono le due novità emerse dall’incontro di martedì a Roma, al Ministero dello Sviluppo economico sulla vicenda della “Ikea italiana” al quale hanno partecipato i commissari nominati per gestire l’amministrazione straordinaria, i sindacati e i rappresentanti del Ministero del Lavoro.


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Un vertice con il quale, dopo l’estate e dopo il cambiamento di Governo, sfumato da gialloverde a giallorosso, si è riproposto il tema del rilancio dell’attività dopo la sciagurata gestione della Shernon e il relativo fallimento. Una situazione complessa quella dei punti vendita e dei lavoratori del marchio della grande distribuzione che a Cesano Maderno aveva uno dei negozi più prolifici, che dava occupazione a 52 persone.

Una vicenda con strascichi giudiziari sia dal punto di vista civile, con concordati e fallimenti, sia dal punto di vista penale, da ultimo per l’inchiesta per bancarotta aperta proprio in relazione al periodo di attività della Shernon, società milanese che riportava però a un’omonima maltese che aveva rilevato Mercatone Uno dall’amministrazione straordinaria annunciando un rilancio dell’azienda mai avvenuto. Delle 24 imprese che avevano manifestato inizialmente un interesse 11 stanno verificando i numeri della società per valutare se presentare un’offerta. Non si sa, però, se l’interesse è per Mercatone Uno nel suo complesso, o solo per alcuni punti vendita, opportunità contemplata nel bando reso pubblico dai commissari.

«Il problema vero – spiega Sabina Bigazzi della Filcams Cgil nazionale – è che il tempo è pochissimo. Chi vorrà farsi avanti potrà farlo entro il 31 ottobre, poi entro il 31 dicembre dovrà essere completato il processo di vendita».

Dire che ci sono operatori interessati, insomma, non significa tout court che una soluzione si troverà. C’è quindi l’altro grande tema, quello della cassa integrazione. I lavoratori, per contribuire al rilancio annunciato da Shernon, avevano accettato riduzioni di orario, in cambio di rassicurazioni sul mantenimento dell’occupazione. Ma quando è arrivato il fallimento la cassa integrazione calcolata su queste basi si è rivelata una miseria.
Per questo i sindacati hanno chiesto a più riprese di tornare ai contratti precedenti, di integrare queste somme per arrivare a livelli dignitosi. Martedì i commissari hanno rivelato di aver chiesto al Ministero del Lavoro il nulla osta per tornare ai vecchi contratti, che permetterebbero di calcolare la cassa su nuove basi.

«Daremo una risposta – ha spiegato il Ministero – stiamo vagliando se sarà una risposta amministrativa o legislativa». Tutto ancora da vedere, insomma, anche se resta la speranza che qualcosa si muova.