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Electrolux, via libera dei lavoratori Accordo salva fabbriche, 80% di sì

Ottiene il via libera dei lavoratori l’intesa per il futuro di Electrolux che ha messo d’accordo sindacati, azienda e istituzioni dopo nove mesi di braccio di ferro e oltre 150 ore di sciopero. Il referendum nelle fabbriche italiane del gruppo ha visto infatti oltre l’80% di voti a favore del testo.
Lo stabilimento dell’Electrolux
Lo stabilimento dell’Electrolux

Ottiene il via libera dei lavoratori l’intesa per il futuro di Electrolux che ha messo d’accordo sindacati, azienda e istituzioni dopo nove mesi di braccio di ferro e oltre 150 ore di sciopero. Il referendum nelle fabbriche italiane del gruppo, che danno lavoro a circa 6 mila persone, ha visto infatti oltre l’80% di voti a favore del testo firmato la scorsa settimana a Palazzo Chigi.

Il piano esclude delocalizzazioni, chiusure e licenziamenti fino al 2017 e garantisce 150 milioni di investimenti in cambio di contratti di solidarietà, sostenuti dal governo con la decontribuzione del decreto Poletti, aumenti della produttività e della flessibilità, in particolare sulle ferie. I consensi sono stati il 74,5% a Forlì, l’80,8% a Susegana (Treviso) e l’83,9% a Solaro (Milano), mentre per Porcia (Pordenone) ancora non ci sono i verbali definitivi ma i sì sembrano attestarsi all’81,7%.

’’I lavoratori hanno con estrema chiarezza mostrato la loro approvazione per l’accordo raggiunto. Sono convinto che sia un segno importante di fiducia nell’impegno di un’azienda che investe importanti risorse nelle sue fabbriche’’, afferma l’amministratore delegato di Electrloux Italia, Ernesto Ferrario. ’’Ora applicare l’accordo e dare subito seguito agli investimenti’’, rilancia il segretario nazionale Fim Cisl Anna Trovò.

La portata di questa vertenza esce dalle fabbriche del gruppo, secondo il responsabile del settore elettrodomestici Uilm, Gianluca Ficco, che parla del via libera come ’’una notizia positiva per l’intero mondo del lavoro’’. Mentre per la Fiom, il segretario generale, Maurizio Landini, ritiene che questa intesa di ’’importanza strategica perché indica un modello per coniugare la redistribuzione del lavoro, la difesa dell’occupazione e dei salari con la possibilità per le multinazionali di investire nel nostro Paese, migliorando la competitività’’.