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Effetto Grecia: che cosa rischia l’import-export brianzolo di fronte al default

Nei primi tre mesi dell’anno i rapporti di importa-export tra Italia e Grecia sono arrivati a 1,6 miliardi, nello stesso periodo Monza e Brianza hanno esportato nel paese ellenico per 40 milioni. Cosa potrebbe succedere in caso di default.
Alexīs Tsipras
Alexīs Tsipras

Il peso economico degli scambi import-export non è da capogiro, eppure anche la Brianza guarda con preoccupazione alla crisi greca: vale 1,6 miliardi di euro, infatti, l’interscambio tra l’Italia e la Grecia nei primi tre mesi del 2015, con l’import che fa registrare un incremento dei prodotti greci del 14,5% in un anno, mentre le esportazioni scendono del 4,4%, con Monza che esporta in terra ellenica per circa 40 milioni di euro.

E anche se gli effetti di un eventuale default probabilmente non contagerebbero direttamente l’Italia, le ripercussioni interesserebbero comunque la fiducia dei mercati, il credito alle imprese e quello che lo Stato italiano vanta nei confronti di Atene con un effetto domino imprevedibile.

Sono questi gli scenari che dai loro osservatori territoriali provano a delineare Renato Mattioni, segretario generale della Camera di Commercio di Monza e Brianza, Giovanni Barzaghi, presidente di Apa Confartigianato e Marco Accornero, segretario generale di Unione Artigiani. L’analisi di Mattioni comincia all’interno dei nostri confini: «Credo che l’Italia – ha spiegato – anche in base alle riforme che sono state fatte, da una lunghissima spending-review fino a quella delle pensioni, è stata messa in sicurezza. Certo per le pmi e per il sistema imprenditoriale non sarà facile se viene meno questa Europa». Nonostante incoerenze e difetti strutturali: «Da un lato abbiamo un’Europa mediterranea con problemi storici, che nel nostro Paese spesso vengono anche amplificati, ma la preoccupazione vera riguarda l’Europa della moneta, se passiamo dalla fiducia ad una logica di sfiducia». Famiglie e imprese sono due facce della stessa medaglia: «Per le famiglie medie non è dappertutto uguale – aggiunge Mattioni – Da un lato abbiamo assistito alla diminuzione del valore degli immobili a cui si è aggiunta l’erosione dei risparmi. La conseguenza? Una forte polarizzazione del risparmio gestito e non investito. E proprio adesso che le imprese iniziavano ad usare denaro a buon mercato, ecco che in una situazione precaria il rischio non sarebbe quello di contagio vero, bensì di una sfiducia generale che investirebbe una ripresa timida e non ancora consolidata».

Il che significherebbe tornare ad una condizione di difficile accesso al credito, specialmente per le imprese artigiane «che non hanno affari diretti con la Grecia – ha sottolineato Barzaghi – fatta eccezione forse per qualche impresa del settore alimentare, del commercio e del turismo». Ciò che preoccupa sono i contraccolpi sull’euro e sulla Borsa: «Germania e Francia hanno grossi crediti con la Grecia, inoltre non sappiamo quanto debito greco possiedono le nostre banche». Anche Accornero teme il rischio di una nuova stretta finanziaria: «Gli effetti reali di un default non li conosce nessuno, visto che non è così frequente che uno stato fallisca. Le banche italiane non sembrano particolarmente esposte verso la Grecia, ma lo sono Germania e Italia come stati attraverso il Fondo Salvastati, nel quale l’Italia ha versato 37 miliardi, parte dei quali già a bilancio. Per questo è difficile prevedere dove potrebbe fermarsi l’effetto domino».