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Crisi Pozzoli Food: chiesta la cassa integrazione straordinaria per i 185 dipendenti

Crisi Pozzoli Food: svendita straordinaria per chiudere tutti i negozi e richiesta di “cassa” straordinaria per i 185 dipendenti. La trattativa si sposta in Regione: convocata la commissione Attività produttive
Chiusura Pozzoli Market: punto vendita di Verano Brianza
Chiusura Pozzoli Market: punto vendita di Verano Brianza Edoardo Terraneo

Crisi Pozzoli Food spa: la scorsa settimana, martedì, l’azienda ha presentato in Regione richiesta di attivazione della Cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale, per tutti i 185 dipendenti; è invece di giovedì la notizia di convocazione di un’audizione in IV commissione Attività produttive – su sollecitazione dei politici regionali – per esaminare con sindacati e proprietà la delicata situazione dell’impresa brianzola con sedi dislocate in tutto il territorio lombardo.

Ma c’è anche di più. Come si apprende da un comunicato della Filcams Cgil, che esprime “grande preoccupazione per la situazione aziendale e per le ricadute sui lavoratori e le loro famiglie”, dopo la richiesta di ammissione al concordato preventivo (il 31 dicembre) e la chiusura di 7 punti vendita (il 4 gennaio) “per grave crisi finanziaria”, la Pozzoli ha avviato “una svendita totale finalizzata alla chiusura di tutti i negozi ad esaurimento merce”.
Andrea Montanari di Filcams Brianza comunica che, ad oggi, «sono 3 i punti vendita rimasti aperti: Desio, Bernareggio e Vertemate. I lavoratori sono stati messi in ferie, ma come sindacati abbiamo evidenziato la difficoltà di alcuni di loro, che con le ferie residue non arriverebbero a fine mese».

Per quanto riguarda la richiesta di cassa integrazione straordinaria – che avrebbe durata di 12 mesi più eventuali 12 di proroga – «anche come sindacati avevamo suggerito questa via. Per garantire salario ai dipendenti e per favorire il trasferimento nell’eventuale azienda acquirente».

Rispetto all’ammortizzatore sociale, si è in attesa di convocazione in Regione dell’azienda, che nella richiesta di pochi giorni fa ha specificato i contorni della propria crisi: “L’azienda nell’ultimo periodo ha subito un forte ridimensionamento della domanda con conseguente contrazione dei volumi di vendita, cui è imputabile una drastica perdita di fatturato che ha causato altresì una crisi di liquidità che ha contribuito a creare un’avversa situazione finanziaria”.

A fronte di questo, si ricapitola, l’azienda specializzata nella commercializzazione della carne “ha deciso di realizzare un piano di risanamento, che a partire dalla domanda di concordato cercherà di recuperare la necessaria competitività e mantenere la presenza commerciale sui mercati attraverso l’efficiente razionalizzazione della propria struttura, il tutto con l’intervento di un partner disponibile all’affitto di azienda”.

Si torni dunque al concordato preventivo: l’azienda ha 60 giorni per presentare al Tribunale la documentazione utile. Gli scenari aperti sono ancora diversificati, perché «se ci fosse accettazione del concordato, in caso di compratore o partner i lavoratori manterrebbero il posto di lavoro con eventuale cassa integrazione straordinaria, in caso contrario ci sarebbe un fallimento con possibilità di cassa integrazione a zero ore oppure con licenziamento e accesso alla Naspi – dice Montanari – Se il Tribunale non accettasse, si potrebbe invece arrivare a un’amministrazione straordinaria con nomina di commissari».