Caso Mercatone Uno, la Brianza fuori dalle cessioni dei negozi

Il negozio Mercatone Uno di Cesano Maderno non è tra i cinque per i quali i commissari hanno previsto la vendita. Critiche all’operazione da parte dell’Associazione dei Fornitori, i lavoratori chiedono di prorogare la cassa.
CesanoMaderno: Mercatone Uno
CesanoMaderno: Mercatone Uno

La cessione dei primi punti vendita di Mercatone Uno manda su tutte le furie i fornitori. Ma lascia per l’ennesima volta la Brianza con un palmo di naso: tra i negozi che passeranno di mano non c’è, infatti, quello di Cesano Maderno, uno dei più grandi e dei più performanti della catena ora fallita dopo il tentativo caduto nel vuoto della Shernon.

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I cinque negozi per i quali è sopraggiunta la cessione sono a Calenzano, in provincia di Firenze, Monterosi (Viterbo), Roma, San Giuseppe di Comacchio (Ferrara) e Villanova d’Albenga (Savona), costati complessivamente 6 milioni di euro.
Ed è proprio il prezzo che ha provocato la levata di scudi di William Beozzo, direttore dell’Associazione dei Fornitori di Mercatone Uno: «Analizzando nel dettaglio – spiega – le informazioni in nostro possesso si evince che il compendio dei negozi annovera anche proprietà immobiliari per un totale di circa mq. 15.000 il cui valore, se si fa una ragionevole stima a valori attuali di mercato di 400 Euro al mq., da solo, risulta pari a 6 milioni di euro. Da questo se ne desume che sia stato attribuito un valore pari a zero all’avviamento delle attività commerciali e ai beni contenuti nei punti vendita in oggetto».

E non è l’unico punto sul quale i creditori chiedono chiarezza ed esprimono dubbi: nonostante siano state più volte richieste al Mise, il Ministero dello Sviluppo economico, non sono note le offerte pervenute dai commissari nel precedente bando, quello che risale agli anni 2015-2016 e, quindi, non è possibile confrontarle con quelle attuali.

Ai fornitori, insomma, frulla in testa il dubbio che i sacrifici fatti in questi anni per rilanciare l’azienda (corrispondenti al mancato incasso dei crediti prededucibili) siano stati completamente inutili.

Gli immobili che corrispondono ai negozi, tra l’altro, sono gravati da ipoteche accese per garantire il debito bancario: da qui arriverà poco o nulla per i crediti prededucibili dell’erario e tanto meno per quelli dei fornitori: «Quindi – continua Beozzo – se anche i prossimi bandi saranno caratterizzati da valori di realizzo su questa linea è evidente che ogni rimborso dei crediti prededucibili da parte dei fornitori deve essere perseguito, purtroppo, mediante azioni giudiziarie, salvo che il Mise non decida di fornire i mezzi finanziari per pagare i fornitori».

L’unica buona notizia, alla fine, sarebbe il ricollocamento di 156 dipendenti che andranno a lavorare nei negozi riaperti. In tutto, però i lavoratori lasciati a casa dalla Shernon sono 1.700, compresa la cinquantina di Cesano. Il negozio brianzolo potrebbe anche essere tra gli altri punti vendita, undici in totale, per i quali sono state avanzate delle offerte, anche se la procedura, in questo caso, ha subito un rallentamento per colpa dell’emergenza coronavirus. Gli acquirenti prima di farsi avanti definitivamente vogliono aspettare che sia passata la buriana. I muri dell’esercizio di Cesano, inoltre, fanno capo ancora alla famiglia Cenni, fondatrice del marchio Mercatone Uno. Un’incognita in più che rende ancora più difficile capire quale sarà il futuro.

Nel frattempo si avvicina la scadenza della cassa integrazione, che finirà il 23 maggio. Sindacati e lavoratori spingono per un ulteriore ricorso agli ammortizzatori sociali: «Abbiamo bisogno come il pane – dice Matteo Moretti della Filcams Cgil Monza e Brianza – che la cassa prosegua».