Villa reale di Monza, crisi col privato alle battute finali. I sindacati chiedono un “impegno straordinario per i 9 dipendenti”

Battute finali per il braccio di ferro a Monza tra ente pubblico, il Consorzio Villa reale e Parco, e il concessionario privato che il 15 gennaio consegnerà le chiavi della parte di Reggia in concessione e farà causa per danni. In mezzo ci sono nove lavoratori che rischiano concretamente il licenziamento.
Monza Attilio Navarra
Monza Attilio Navarra Fabrizio Radaelli

Dovrebbe arrivare a termine il braccio di ferro a Monza tra ente pubblico, il Consorzio Villa reale e Parco, e il concessionario privato: salvo sorprese, tra otto giorni la società Nuova Villa reale spa dovrebbe restituire le chiavi della parte (consistente) di Reggia che è stata data in concessione.


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Così almeno ha scritto il presidente Attilio Navarra nelle scorse settimane al Consorzio, non senza retrocedere dalla richiesta di oltre otto milioni di euro per risarcimenti e mancati incassi. Nel frattempo, come annunciato dal sindaco Dario Allevi (presidente del Consorzio) e confermato dalla direzione, verrà scelto il modello di gestione per l’immediato futuro. Quando l’obiettivo fondamentale è riaprire al pubblico l’intera Villa.

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Il rapporto tra il Consorzio di gestione del complesso e la società Nuova Villa Reale pare destinato a sfociare in una causa legale: il 15 gennaio scade l’ultimatum lanciato dal concessionario che oltre alla riconsegna delle chiavi, ha annunciato la rescissione del contratto e l’avvio di una causa per ottenere un risarcimento danni.
I rapporti tra ente pubblico e concessionario, tesi da alcuni anni, si sono incrinati definitivamente al termine del lockdown di primavera quando non sono stati riaperti gli spazi che gestisce. La chiusura del secondo piano nobile, preceduta dalla mancata organizzazione di eventi di rilievo che attirassero visitatori, è stata stigmatizzata più volte in consiglio comunale.

E nel limbo ci sono i lavoratori. Prima di Natale, con i sindacati, hanno avuto un incontro con la direzione del Consorzio per parlare di continuità occupazionale.

Il 7 gennaio la Filcams Cgil di Monza e Brianza ha indirizzato una lunga lettera al sindaco Allevi, nella figura di presidente dell’ente pubblico, ma anche a tutti i rappresentanti degli enti coinvolti: ai consiglieri comunali di Monza, ai referenti politici di Regione Lombardia, al sindaco del Comune di Milano e al Ministero dei Beni Culturali per sollecitare sulla condizione di lavoratrici e i lavoratori dipendenti di Cultura Domani, in cassa integrazione a zero ore da marzo 2020.

“La continuità occupazionale è elemento imprescindibile per mantenere il diritto alle dodici settimane di ammortizzatori sociali previsti dalla legge di stabilità usufruibili dal 1° gennaio al 31 marzo 2021 – spiega Matteo Moretti, segretario generale della categoria territoriale della Cgil, insieme a Fabiana Cabras – Oggi è il 7 gennaio e non abbiamo elementi concreti per pensare alla definizione di questo percorso perché ci sembra che manchi la volontà delle azioni e che ciascuno dei soggetti non abbia come primo obiettivo la salvaguardia dei lavoratori. In assenza di un impegno straordinario, i nove dipendenti rischiano di finire in mezzo a una strada”.

È un forte richiamo alle proprie responsabilità che la Cgil rivolge a tutti gli enti pubblici che partecipano al Consorzio.

All’allarme si è unita anche la Cgil di Monza e Brianza per voce della sua , che afferma: “La situazione si aggrava di giorno in giorno: uno dei beni artistici più importanti del nostro Paese chiuso e lavoratrici e lavoratori sull’orlo del licenziamento nel pieno di una pandemia senza precedenti, che sta mettendo a dura prova la tenuta del sistema economico anche di una provincia avanzata come quella brianzola – ha detto la segretaria generale Angela Mondellini – Credo che le responsabilità debbano emergere al più presto e soprattutto bisogna pensare a salvare i posti di lavoro. Le Istituzioni devono intervenire immediatamente. Il silenzio registrato sino ad ora è un grave torto non solo alle lavoratrici e lavoratori coinvolti, ma anche a tutti noi”.