Varedo, il grido d’allarme delle scuole di cucina: «Nessun ristoro dallo Stato, niente dalla Regione, possiamo resistere un mese»

Carlo Preatoni, titolare di una scuola di cucina di Varedo, lancia l’allarme: il codice ateco in cui rientrano queste attività non è stato considerato per i ristori. E a cascata vengono negate anche altre agevolazioni
Carlo Preatoni
Carlo Preatoni

Nessun ristoro dallo Stato, niente dalla Regione. E non viene neanche riconosciuto il bonus affitti. Messi così non si può andare avanti. Il grido di aiuto di Carlo Preatoni, titolare della scuola di cucina “Ti va di cucinare” di Varedo, finora é rimasto una voce nel deserto.

“Possiamo resistere ancora un mese -spiega- poi valuteremo la chiusura con la rabbia che nessuno ci ha aiutato e nessuno ci ha dato nemmeno un ascolto”. L’ostacolo da superare sono i codici Ateco: quello in cui rientrano attività come la sua non prevede sostegni di sorta, lasciando la scuola sola ad affrontare lo tsunami economico conseguenza della diffusione del coronavirus. La tabella Istat in cui sono indicati i codici risale al 2007 e da allora non é stata aggiornata. Alcuni definiscono attività tradizionali facilmente codificabili, altri, invece, comprendono una serie di attività simili per ambito ma nei fatti anche molti diverse tra di loro: “Uno di questi (ma ve ne sono molti altri) -continua Preatoni- è il codice 85.59.20 descritto come ’Corsi di formazione e corsi di aggiornamento professionale’. Dentro questo codice ci entrano le attività formative più disparate, dai corsi di informatica, ai corsi di sicurezza, ai corsi per estetiste e anche ahimè ai corsi di cucina. I vari decreti ristori/ristori bis non hanno incluso questo codice ateco nella famosa lista delle attività di impresa che hanno diritto a questi contributi o aiuti che siano”.

Varedo, il grido d’allarme delle scuole di cucina: «Nessun ristoro dallo Stato, niente dalla Regione, possiamo resistere un mese»
La cucina di “Ti va di cucinare”

Forse gli estensori dei decreti hanno pensato che questi corsi, anche quelli di cucina, potessero essere svolti online. Ma, di fatto, in questa modalità non hanno presa: su YouTube si trovano centinaia di tutorial per cucinare e la forza di queste lezioni é proprio la presenza di un esperto che dà indicazioni precise su come agire.

“Siccome siamo stati esclusi in quel primo decreto ristori -conclude il titolare della scuola cucina- a cascata l’esclusione si è estesa anche per tutte le altre agevolazioni compreso il credito di imposta per gli affitti e in ultimo il contributo straordinario di Regione Lombardia denominato “Sì Lombardia”. In ultimo la beffa della zona arancione. Forse potremo riaprire, ma se sarà confermata l’esclusione degli spostamenti tra comuni, alla fine dovremo restare chiusi lo stesso. Noi ad esempio siamo ubicati in quel di Varedo ma solo il 5% della nostra clientela proviene da Varedo, il resto arriva da tutta la Brianza occidentale. Per fare partire un corso di cucina o pasticceria, ci vogliono almeno 6-7 partecipanti se no si lavora in perdita”.

Nel database della scuola, che offre lezioni singole ma anche corsi di sei lezioni l’uno, ci sono 8mila persone. Solo uno su tre, fra chi partecipa la prima volta, poi non si fa rivedere. Gli altri, la maggior parte, tornano. Per ora, tuttavia, di corsi non ce n’é. Le scuole di cucina pagano lo scotto di essere una categoria piccola, che non ha grandi numeri da esibire. Eppure si tratta di una attività che ha diritto di aiuto come le altre.