Vaccini antiCovid in Italia: Monza è pronta alla produzione

La provincia di Monza e Brianza potrebbe diventare tra le aree di maggior produzione dei vaccini anti-Covid di tutta Italia: l’industria farmaceutica del territorio è già pronta a diventare operativa.
Monza Thermo Ficher
Monza Thermo Ficher Fabrizio Radaelli

Una notizia che, se confermata, permetterebbe di proiettare la provincia di Monza e Brianza tra le aree di maggior produzione dei vaccini anti-Covid di tutta Italia: l’industria farmaceutica del territorio si sta preparando a diventare operativa.

L’informazione è trapelata nei giorni scorsi ma c’è chi giura che la macchina si è messa in moto dalla fine dello scorso anno. D’altra parte, ricordano fonti sindacali, la Lombardia è da qualche anno il più grande polo europeo dell’industria farmaceutica – dopo il sorpasso della Germania – capace nella maggior parte dei casi di moltiplicare posti di lavoro e produzioni. Ed è il motivo per cui il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha incontrato oggi il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi: valutare la possibilità di produrre in Italia il vaccino anti-Covid.


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«Le grandi multinazionali farmaceutiche – ha detto Scaccabarozzi al Sole 24 Ore- hanno tutto l’interesse a stringere accordi di produzione per conto terzi».

Già a dicembre – oltre allo studio portato avanti dalla monzese Rottapharm Biotech con Takis – anche Roche aveva annunciato la collaborazione con Moderna (la realtà che produce uno dei tre vaccini già autorizzati in Italia, con Pfizer e AstraZeneca) per includere il test degli anticorpi Sars-CoV-2 negli studi sul vaccino Covid-19 in corso.

“Utilizzando il test di Roche – aveva scritto la multinazionale di viale Stucchi – la misurazione quantitativa dei livelli di anticorpi aiuterà Moderna a ottenere preziose informazioni sulla correlazione tra la protezione derivata dalla vaccinazione e livelli di anticorpi, contribuendo a valutare se, o quando, un individuo necessita di una rivaccinazione, e aiutando a rispondere ad altre domande clinicamente rilevanti”.

E fin qui di ricerca si tratta: le novità arrivano però sulla produzione in Italia dei vaccini, il tema sul tavolo in queste ore. Allora un ruolo può averlo per esempio il colosso americano Thermo Fisher Scientific con sede a Monza sempre in viale Gian Battista Stucchi, cioè l’ex Patheon, che potrebbe avere già stretto un accordo per produrre il vaccino contro il Sars Cov2 da terzisti.

L’intesa tra le due multinazionali farmaceutiche americane potrebbe portare alla produzione di circa 30 milioni di dosi entro la fine del 2021 proprio all’interno degli stabilimenti monzesi dell’azienda. La deadline per l’avvio delle operazioni, secondo quanto riferito, sembrerebbe sia stata posta per la metà del mese di marzo. Per quanto riguarda invece la stima delle produzioni sembrerebbe che la filiale monzese potrebbe garantirne circa 120mila unità al giorno.
Interpellata sull’argomento, la sede cittadina di Thermo Fisher, non ha ancora fornito risposte ufficiali in merito al presunto accordo sul quale dunque si attendono conferme dirette da parte della multinazionale. Thermo Fisher ha già 15mila dipendenti e piani di investimento milionari: solo lo scorso anno ha assunto 360 persone e poco meno di 250 sono quelle che potrebbero essere assunte nei prossimi mesi. Lo stesso potrebbe accadere per Acs Dobfar, altra realtà da 15mila dipendenti, con sede centrale ad Agrate e uno dei siti produttivi a Vimercate.

«Se ne sta occupando il ministro Giorgetti»: i rappresentanti delle istituzioni, dal Comune in su, non aggiungono altro sulla possibile produzione di vaccini anti Covid-19 a Monza e dintorni. In pochi, però, sembrano stupirsi di un prossimo avvio delle linee: «Credo – commenta Pierfranco Maffè, assessore all’Istruzione e medico al San Gerardo – che tra la Brianza e l’area milanese ci siano parecchie aziende in grado di convertire parte della loro attività». Il problema, aggiunge, va affrontato in sede di Governo e il fatto che il responsabile dello Sviluppo economico ci metta la testa è un buon segnale.

L’adeguamento degli impianti, fa notare qualcuno, potrebbe richiedere dai quattro ai sei mesi ma la partita vera si dovrebbe giocare attorno alle licenze. La produzione in massa indispensabile a fornire i miliardi di dosi necessarie a contenere a livello mondiale la diffusione della pandemia, ipotizza qualcuno, potrebbe sbloccarsi non appena i colossi farmaceutici avranno raggiunto in sede internazionale l’accordo sul valore dei brevetti: dopotutto l’aumento esponenziale di fiale da iniettare ai pazienti da immunizzare corrisponderebbe a un incremento analogo dei ricavi. Ma a Monza l’avvio potrebbe essere molto più vicino.