Una «Vimercate da bere» da paura Gli anni dei silenzi e dei maneggi

Anni vissuti pericolosamente, quelli da segretario cittadino del Psi a Vimercate tra gli anni Ottanta e Novanta, alla guida della sezione Salvador Allende di via Motta. “I cinque anni peggiori della mia vita”, quelli macinati in consiglio comunale, tra il 1985 e il 1990. Ecco il testimone oculare della Vimercate da bere.

Anni vissuti pericolosamente, quelli da segretario cittadino del Psi a Vimercate tra gli anni Ottanta e Novanta, alla guida della sezione Salvador Allende di via Motta. “I cinque anni peggiori della mia vita”, quelli macinati in consiglio comunale, tra il 1985 e il 1990, dai banchi dell’opposizione socialista, quando la politica vimercatese diede vita all’inedito ticket Dc-Pci per arginare il rischio concreto di infiltrazioni della ‘ndrangheta nelle istituzioni. “È vero che ci fu una reazione di sbarramento ma ci furono anche molti, troppi, silenzi. Io la mia parte la feci per arginare ed espellere alla radice questo corpo estraneo e chiamai tutti gli altri, tutte le forze politiche, ad aiutarmi in questa azione. Questa chiamata non ebbe risposta, se non sporadica e flebile, e rimasi solo. Chiamo oggi gli esponenti politici di allora a riconoscere tutto questo”.

Antonio Morelli, 69 anni, milanese di nascita e vimercatese d’adozione, accetta di ricostruire i fatti e il clima di quegli anni, quando le cosche calabresi all’assalto della Brianza, a colpi di appalti edilizi e mitra, legarono il loro nome alla città e ne insanguinarono le strade. Era una posizione quasi impossibile allora da sostenere, quella di Morelli, e scomoda anche oggi in questo viaggio della memoria, perché dal 1980 fino al 1991 lui fu segretario di quel partito socialista che, anche se allora non vennero mosse accuse troppo esplicite né fatti nomi precisi, rappresentava quel rischio di infiltrazione arginato da democristiani e comunisti, quel corpo estraneo da tener fuori dalle istituzioni. Al governo della città no, ma in consiglio però i socialisti c’erano. “Vivevamo una situazione di netta frattura in casa socialista –ricostruisce Morelli- C’era la sezione Allende di Vimercate che io guidavo e c’era un’altra sezione orenese che viaggiava in totale autonomia e che, nelle legislature degli anni Ottanta e ancora nel Novanta, espresse propri candidati ed eletti in aula”. Nomi catapultati direttamente da Milano scalarono la lista della frazione e raccolsero centinaia di consensi. Meccanismi strani, trasversalità annodate sulla base della regione d’origine, che qualche perplessità nei colleghi della Allende suscitarono.

Non c’erano certezze, c’erano sentori e poi elementi via via più nitidi di sospetto. Morelli su tutto questo sollecitò il partito: “Ogni settimana ci trovavamo in sezione, in via Motta, e ne parlavamo. Scrissi lettere su lettere ai livelli superiori del Psi per dire che a Vimercate c’era una situazione che non ci lasciava tranquilli, ma non ricevetti risposta”. Una solitudine misurata anche in aula. “Quando nell’autunno del 1985 in consiglio comunale ci furono le elezioni delle commissioni consiliari, proposi candidati alternativi a quelli proposti dagli altri esponenti Psi e chiesi il voto segreto nella speranza che le altre forze politiche dessero un segnale forte di presa di distanza e mi stessero a fianco –ricorda Morelli, verbali d’epoca alla mano- Alla prima votazione, il mio candidato passò. Successe il finimondo. Consiglio sospeso. Quando si riprese, in tutte le altre commissioni furono eletti gli ‘altri’ candidati. Credo ancora oggi che fu quella la principale occasione persa, allora, dalla politica vimercatese”. Commissioni consiliari non significa governo della città, ma finestra ravvicinata sulle dinamiche di sviluppo e sulle più importanti decisioni in campo, questo sì. Nell’urbanistica e nell’edilizia come nel commercio, per limitarsi a pochi esempi. Morelli non si dimise però: “No, non sarebbe servito a smuovere le cose. Sono rimasto, in solitudine totale, confortato solo dall’appoggio pieno degli altri iscritti alla sezione Allende”. A spazzare via anche quell’universo socialista vimercatese, ramificato e scisso tra via Motta e la compagine orenese, ci riuscì pochi anni dopo solo il tornado di Tangentopoli.