Un 44enne di Meda: «Non ero vaccinato contro il morbillo e ho rischiato di morire»

Ha rischiato la vita per il morbillo, contratto tenendo in braccio il bambino di amici. Un medese di 44 anni, S.T., deve ringraziare i medici dell’ospedale Sant’Anna di Como per essere vivo e poter raccontare quell’incredibile esperienza. Tutto ha inizio nei primi mesi del 2017 quando il 44enne ha trascorso tre mesi all’ospedale impossibilitato a respirare e muovere gli arti.
Il monoblocco dell’ospedale Sant’Anna di Como
Il monoblocco dell’ospedale Sant’Anna di Como

Ha rischiato la vita per il morbillo, contratto tenendo in braccio il bambino di amici. Un medese di 44 anni, S.T., deve ringraziare i medici dell’ospedale Sant’Anna di Como per essere vivo e poter raccontare quell’incredibile esperienza. Tutto ha inizio nei primi mesi del 2017 quando il 44enne ha trascorso tre mesi all’ospedale impossibilitato a respirare e muovere gli arti. Lì è stato curato e poi ha affrontato la riabilitazione a Mariano Comense. Nel mentre ha perso il lavoro e ha dovuto ricominciare da zero.

A svelare la sua storia su Facebook è stato il medico Roberto Burioni, da mesi alla ribalta delle cronache per la sua battaglia a favore dei vaccini. Il medese racconta: «Ero da amici e ho preso in braccio il loro figlio di sei anni, ma era in salute. Dopo qualche giorno mi chiamano dicendomi che il bambino aveva il morbillo, chiedendomi se avevo fatto il vaccino. Io ho preso sottogamba la situazione. Nei giorni successivi ho preso quella che credevo una banale influenza e mi sono imbottito di Tachipirina».

Poi la situazione peggiora decisamente: «Ho iniziato a stare veramente male, ma non avevo macchie, ho iniziato però a faticare a respirare, per questo mi sono rivolto al pronto soccorso di Cantù da lì dopo gli accertamenti mi hanno spedito in urgenza al Sant’Anna. Il virus aveva prima preso i polmoni poi si è scoperto anche la colonna vertebrale fino alle gambe, ho subito nel tragitto due infarti polmonari, il collasso di un polmone e un’embolia polmonare. Ero praticamente morto, ma i medici non si sono arresi».

«Alla fine – chiude – anche grazie alla mia forza di volontà a giugno riuscivo a camminare con un tutore. Ho perso tanto tempo per rimettermi in piedi e ho dovuto chiudere l’azienda. Tutto perché non ero vaccinato. Io proprio non capisco come si possa mettere in discussione la vaccinazione».