Sotto le macerie dell’ex Borsa Ecco la piccola Pompei di Monza

Sta in piedi per caso. Puntellata da tubi di metallo. E con solidi ma squattrinati sogni di recupero. Ma è un pezzo della storia della città, da due secoli. Viaggio nel presente dell’ex istituto Borsa di Monza. La piccola Pompei della città.
Monza, l’ex istituto Borsa alla Villa reale
Monza, l’ex istituto Borsa alla Villa reale Fabrizio Radaelli

La storia comincia nel 1802, con i mattoni messi uno sull’altro su progetto dell’architetto Luigi Canonica. E finisce una manciata di anni fa, alla soglia del nuovo millennio, senza lieto fine: i calcinacci che volano sulla testa degli studenti dell’Isa, l’Istituto d’arte, i sopralluoghi, il cartello che dice basta, di qui non si passa più.

Stanze vuote, aule sgombre, addio. Da allora non se n’è saputo più molto dell’ex istituto Borsa, quel cartoccio di erbacce e impalcature che si affaccia su via Boccaccio su muri a perdere e destino a scomparire: duecento anni sulle spalle si fanno sentire tutti, fino in fondo. E si fanno vedere. Come mai non sia finita nel pacco offerto al Consorzio Villa reale che si è preso il resto del parco non è chiaro, ma insomma, anche lì sono passati degli anni e forse la ragione va cercata nella presenza di quella scuola pubblica che allora sì, sembrava tirare avanti. E invece no.

Di qui o di là

La direzione del Consorzio stesso, nel 2012, aveva cercato di farsi consegnare anche quell’ultimo pezzo di Villa, ribadendo la proposta in un’intervista rilasciata al giornalista Riccardo Rosa, per il Corriere della sera, ma niente: il Comune non ne ha voluto sapere. Poi è arrivato dicembre, dicembre 2013, ed arrivato il nuovo piano delle opere pubbliche della giunta Scanagatti: prima pagina, terza riga, ufficio progetti speciali, restauro della scuola ex Borsa, via Boccaccio.

Sono 5,7 milioni di euro messi a bilancio sul 2014. Anzi: 5.731.000,00 euro registrati come “finanziamento pubblico”, è il prezzo del defibrillatore che dovrebbe ridare vita a un pezzo di storia di Monza dopo la sua lenta agonia iniziata nel 1998 (con il crollo del cornicione) e diventata linea piatta nel 2011, quando gli studenti del’Isa sono stati trasferiti in altri spazi della Villa e in città.

Non sono servite a molto, finora, le diecimila firme raccolte per chiedere il ripristino dei locali. Gli interni sono la cronaca di un dissesto storico e di un patrimonio cittadino: un busto da studio abbandonato, muri scrostati, fogli abbandonati, i calcinacci e gli armadi piegati su un lato come una nave alla deriva. È la Pompei della storia monzese, proprio mentre a un passo le gru sorvolano il tetto del corpo nobile della Villa e promettono (promettono) di ridare alla città quello che in fondo le è sempre appartenuto da lontano: la casa della nobiltà europea.


GUARDA il reportage all’interno dell’ex Borsa

Una Pompei monzese: congelata nell’istante dell’abbandono, del fuori tutti, puntellata dall’acciaio a ogni passo perché non ceda definitivamente ai suoi due secoli e spicci di storia. O una vedova, già: una vedova della renaissance dei metri quadri di Piermarini, nel Settecento. Cinque milioni di euro e quasi sei, si diceva. Che ci sono, a bilancio. Sulla carta. E forse solo lì. Il progetto preliminare per la sistemazione dell’ex Borsa è lì, chiuso nei cassetti degli uffici comunali. La struttura giace abbandonata sull’angolo di via Boccaccio e Regina Margherita, poco prima del cancello principale d’ingresso alla Villa reale.

Eppur si muove

Il piano di recupero dell’edificio, che fino a pochi anni fa era inserito all’interno del progetto Carbonara, è stato stralciato, tornando nelle disponibilità dell’amministrazione comunale. Il progetto è quello di ampliare l’Istituto d’arte che da decenni risente di carenze di spazi.

L’assessore alle Opere pubbliche, Antonio Marrazzo spiega: «L’intenzione politica è quella di annettere la struttura dell’ex Borsa all’interno dell’Istituto d’arte per le aule e laboratori, abbiamo un progetto preliminare che prevede un importo dei lavori è di 5,7 milioni di euro». Al momento i soldi non ci sono, ma il reperimento degli stessi è demandato al bilancio di previsione: «In fase di bilancio vedremo come finanziare queste opere» conclude Marrazzo. Non ci sono certezze e tempi previsti per l’avvio dei lavori. Non resta che aspettare.

Ha fatto in fretta invece Luigi Canonica, due secoli fa, quando ha iniziato a disegnare quello che sarebbe stato l’istituto Borsa: allora aveva già messo in piedi il teatrino. Poi aveva ricevuto l’incarico di sistemare il parco, di allargarlo, farne riserva di caccia, progettare fughe e viali, pertinenze.

Come il Borsa: che prende poi vita vera dopo che nel 1861 Vincenzo Veronelli, presidente della Società di Mutuo Soccorso, scrive alla giunta: «Lo scrivente non crede di poter meglio interpretare lo scopo della fondazione della Società, che estendendo l’istruzione di ogni natura fra il popolo, educando le arti belle, preparandogli una posizione sociale indipendente e svincolata da quell’eterno telaio che logora la vita, che preclude ogni mezzo a risorse e fa dell’operaio un automa».

Cosa ne è stato poi si sa: l’istituto Borsa, la nascita dell’Isia che ha regalato a Monza qualche decennio di pulsazioni artistiche, fino alla nascita della Biennale d’ arti applicate, quella che poi oggi si chiama Triennale e sta a Milano (con un progetto della Camera di commercio per riportarne almeno un po’ a Monza: ma altra storia, lei starà quasi certamente ai piani nobili, nel caso). L’Isia è la madre vera dell’Isa, nata molto dopo, quando da quei locali c’erano passate anche le truppe delle SS sotto l’occupazione nazista. Ma sono meglio altri ricordi, i nomi di De Grada e Semeghini, «scultori come Arturo Martini e Marino Marini, ceramisti come Posern, Zimelli e Fumagalli, grafici pubblicitari come Nizzoli e Nivola» ricorda ancora il Comitato Cuore.

Ultime tracce

«Oggi si è svolto in comune l’incontro con Comune, Provincia, Camera del commercio, Confindustria, Consorzio, Scuola, Comitato Genitori sul futuro dell’Isa» scriveva lo scorso aprile Luciano Morabito, presidente del Comitato Gentori Isa, sul sito del comitato nato per riottenere quegli spazi. E aggiungeva: «Ne do un breve riepilogo: molto si è parlato dei progetti della scuola che sembrano interessantissimi per tutti i presenti, ovviamente tutti sono senza soldi, ma, colpo di scena, il comune dichiara che, non solo l’Isa resta definitivamente in Villa reale, ma anche che restaurerà il Borsa per darlo interamente all’Isa per i progetti di cui sopra».

Quello che dice oggi Marrazzo è quello che disse allora, insomma, inclusa l’incognita che pesa, quella vera: «Ovviamente quando per qualche strano miracolo avrà i soldi. Ci hanno chiesto di fissare un incontro con l’agenzia Futuro Europa, per studiare assieme come farsi finanziare».