Seregno ricorda Carlo Radaelli: prigioniero Usa specializzato fotografo

Durante la guerra Carlo Radaelli, fotografo di Seregno che fu collaboratore de “ilCittadino” fu fatto prigionieri e finì negli Usa,dove imparò nuove tecniche di fotografia
Carlo Radaelli, primo a destra, nel laboratorio di fotografia quand'era prigioniero negli Usa
Carlo Radaelli, primo a destra, nel laboratorio di fotografia quand’era prigioniero negli Usa Paolo Volonterio

Il ricordo chiama alla memoria e la memoria al passaparola. Così dopo aver rivissuto il periodo di prigionia negli Usa di Francesco Longoni, altri seregnesi, tra il 1943 e il 1946, erano presenti in stati diversi nella nazione a stelle e strisce.

E’ il caso di Carlo Radaelli, che per oltre 40 anni, ha impreziosito le pagine di Seregno di questo giornale, da volontario, con le sue raffinate e preziose fotografie, che ancora oggi sono una pietra miliare negli archivi. Radaelli, classe 1921, da geniere a Casale Monferrato, era stato destinato nel 1941 in Africa. Fatto prigioniero a Capo Born, trasportato ad Orano si ammalava di malaria e veniva ricoverato in un ospedale da campo inglese e lasciato agli americani che lo imbarcavano su una della 40 navi con destinazione Norfolk.

Da li passava attraverso diversi stati facendo i più umili mestieri: scaricatore di legname dai vagoni, zappatore, magazziniere in una fabbrica di cartone, fino a raggiungere la stabilità ad Ogden nello Utah, nei pressi di Salt Like City e del grande lago salato. Richiesto qual era stata la sua professione che esercitava in Italia veniva inviato in un laboratorio di fotografia dove si specializzava a tal punto che rientrato nel ’46 nella madre Patria, l’anno successivo apriva un negozio in via Umberto dov’era rimasto fino al decesso.

E diceva sempre “l’America è stata la mia fortuna, perché mi ha specializzato in un lavoro. I laboratori americani erano ben attrezzati e li ho appreso anche la tecnica di stampa e sviluppo in bianco e nero”. In gioventù aveva appreso i primi rudimenti di fotografia da Pompeo Bianchi a Monza, restauratore, pittore e fotografo oltre che nipote del famoso pittore Mosè Bianchi e poi allo studio di Ernesto Farina sempre a Monza. Negli Usa, ha ricordato nelle sue memorie Francesco Longoni, il 4 aprile 1944, nel campo di Ottembury nello stato dell’Indiana, un giorno a pranzo, nel grande refettorio, ho incontrato altri due seregnesi: Marco Galimberti, fratello di Siro, conosciuto commerciante di bici e moto e Arnaldo Pellegatta del quartiere Bivio-Consonno.