Seregno: l’arcivescovo Delpini ha inaugurato la Casa per i giovani e la Casa della carità

Decima visita a Seregno per l’arcivescovo Mario Delpini: in occasione della festa del Santo Crocifisso in San Giuseppe ha inaugurato la “Casa per la vita comune” della pastorale giovanile locale e la Casa della carità.
1) L'arcivescovo Delpini in mezzo ai giovani alla "casa di vita comune dei giovani" ( foto Volonterio)
1) L’arcivescovo Delpini in mezzo ai giovani alla “casa di vita comune dei giovani” ( foto Volonterio) Paolo Volonterio

L’ultra centenaria festa del santo Crocifisso a Seregno è stata solennizzata, domenica 26 settembre, in basilica san Giuseppe, che stavolta, ha aggiunto e racchiuso tre importanti anniversari: l’inaugurazione della chiesa madre della città (1781), la sua consacrazione (1881) e l’elevazione a dignità di basilica romana minore (1981). Il “clou” della giornata è stata la presenza dell’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, che sotto un cielo imbronciato che la rilasciato pioggia battente ha dapprima benedetto la “Casa per la vita comune” della pastorale giovanile locale in via don Gnocchi, posta al primo piano della scuola dell’infanzia Gianna e Romeo Mariani, un tempo abitazione delle suore, nei locali della parrocchia di Sant’Ambrogio.

Successivamente ha presieduto la messa solenne in basilica, al termine della quale, a sera inoltrata, ha benedetto ufficialmente la Casa della Carità di via Alfieri una volta sospesa l’annunciata processione col Santo Crocifisso che avrebbe dovuto raggiungerla.

Per l’arcivescovo Delpini, era la decima presenza in città dal 2015. Tre visite da vicario generale della diocesi e sei da arcivescovo. L’ultima nell’ottobre 2019 per ricordare l’anniversario della nascita della comunità pastorale dedicata a san Giovanni Paolo II.

Ad Accogliere Delpini alla “casa per la vita comune” c’era una folta rappresentanza di adolescenti e giovani delle sei parrocchie locali. Il vescovo si è rivolto a loro con cinque parole che ha definito aggressive, cioè: «“Stanare” perché avete la tendenza a rintanarvi, ad essere come nel bocciolo. Avete la paura di esporvi invece bisogno uscire alla vita; “piacersi” , non dovete sempre guardarvi allo specchio e dire come sono fatto male, dovete imparare ad accettarvi perché nessuno è perfetto; “sperare” la vostra età è l’età della speranza, la speranza è un credere alla promessa a un dialogo con Dio; “resistere”, che significa formare la volontà, correggere i propri limiti e difetti, camminare coi piedi per terra; “ringraziare”, per rendersi conto di tutto ciò che si ha ricevuto e riconoscere tutti i beni avuti in dono». Ha concluso sostenendo di non sopravvalutare la vita in comune perché è solo un’esperienza.

In basilica san Giuseppe, concelebrata la messa, con tutti i sacerdoti locali, all’omelia ha sottolineato alcuni aspetti della grigia tristezza: “Insieme con l’euforia di una ripresa, dopo la pandemia, insieme con la determinazione per la retorica dell’incoraggiamento, insieme con l’esasperazione delle discussioni, si diffonde una grigia tristezza. La grigia tristezza ha una sua radice nello “scoraggiamento”. Il tempo logora, gli impegni affaticano, i fallimenti umiliano. Il profeta Elia è l’immagine dello scoraggiamento. La grigia tristezza ha una sua radice nella “formalità”: si ripetono le cose che si sono sempre fatte, e non si sa perché. Si curano le forme, le procedure, le scadenze, come abitudini e burocrazia, non se ne vede l’utilità, non si raccolgono risultati. La grigia tristezza ha una sua radice nel “pregiudizio che non si aspetta niente”: le parole di Gesù suscitano scetticismo nei suoi contemporanei e lasciano indifferenti i nostri contemporanei”.

Ha concluso sostenendo che: “Questa chiesa, la chiesa di Gesù, è incaricata di offrire il rimedio alla grigia tristezza. Il rimedio è il roveto che continua ad ardere, l’ardore che offre luce, calore, passione per la vita”. Alla Casa della Carità è stata accolto da molte persone. Il prevosto monsignor Bruno Molinari ha spiegato al vescovo le funzioni e le attività che da mesi si svolgono al suo interno e che al servizio di tutta la città.

La disponibilità della Casa della Carità la si deve alla religiose Figlie della Carità di san Vincenzo de’ Paoli che hanno concesso il loro stabile in comodato alla comunità pastorale san Giovanni Paolo II e dove sono presenti: Caritas, Centro di ascolto, mensa solidarietà, piano emergenza freddo, servizio docce e lavanderia, scuola di lingua italiana per stranieri, servizio indumenti, infermeria, emporio alimentare, spazi e tempi aperti alla città e alla formazione dei volontari.