Seregno, la promessa e la nuova vita delle novizie sacramentine Rusiya e Noelie

Nella cappella del monastero del Corpus Domini delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento di Seregno si è svolta la cerimonia della prima professione religiosa delle novizie Rusiya Musabyimana e Noelie Nyirabirori.
L'ingresso in chiesa delle due novizie (foto Volonterio)
L’ingresso in chiesa delle due novizie (foto Volonterio) Paolo Volonterio

Nella seconda domenica di Pasqua o della Divina Misericordia (11 aprile), nella cappella del monastero del Corpus Domini delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento di Seregno, all’interno dell’eucaristia delle 17, presieduta dal vescovo emerito monsignor Luigi Stucchi e concelebrata dal prevosto monsignor Bruno Molinari e dai sacerdoti congolesi don Etienne Esube (parrocchia Maria Regina della Valera di Varedo) e padre Emmanuel Adili (missionario Saveriano di Desio), si è svolta la cerimonia della prima professione religiosa di due novizie originarie del Ruanda : Rusiya Musabyimana e Noelie Nyirabirori hanno promesso a Dio di vivere per tre anni in castità, povertà, obbedienza, secondo la regola e le costituzioni dell’ordine delle Adoratrici Perpetue.
Una promessa formulata alla presenza della comunità monastica che fraternamente le ha accolte nelle mani della superiora del monastero, madre Daniela Maria Pozzi di Gesù Sacerdote. Rusiya col nome di suor Lucia di Gesù Misericordioso e Noelie, come suor Maria Cecilia del Santissimo Sacramento.

Dopo la promessa hanno ricevuto lo scapolare, come segno dell’impegno a vivere giorno e notte nella contemplazione adorante del mistero eucaristico e per testimoniare al mondo la permanente presenza del Signore sotto le Sacre Specie, quindi il sacro velo come segno di consacrazione a Cristo Signore nel servizio della chiesa e il libro della liturgia delle Ore per il nutrimento all’ufficio sacerdotale di Cristo. È seguito un canto di gioia in lingua ruandese.

Il rito della professione si è concluso con la preghiera dei fedeli. Altri canti sempre in lingua sono stati eseguiti alla comunione (Wateule wa Bwana). All’omelia monsignor Stucchi ha esordito dicendo: “Stiamo vivendo un tempo difficile, con un virus che ci colpisce, ci angoscia, ci toglie il respiro e perfino la vita. Senza dimenticare che la vita ci mette alla prova anche in situazioni normali a prescindere dalla pandemia dalle molte facce. A volte fatichiamo anche a sorridere, a fidarci reciprocamente, a camminare insieme portando i pesi gli uni degli altri. A volte ci siamo affidati a un Dio sbiadito e irrilevante, quasi anonimo, senza una relazione personale con Lui, sopraffatti da imprevisti e inquietudini, confusi da troppi messaggi senza significati, riducendo la vita a un commercio continuo, senza speranza”.

Ha proseguito così: “In questa domenica di san Tommaso noi rinvigoriamo la fede entrando nelle piaghe di Gesù e riconoscendo la sua presenza di Risorto vivente e amabile. In questa stessa domenica già ricca e di luce riconosciamo il dono della vita consacrata al Signore che si manifesta nella speranza e nella risposta delle nostre due sorelline che vivono la loro prima professione”. E ha concluso: “Per tutti questi significati, per tutti questi doni come non stupirci, come non riempire di lode e di gratitudine anche questi nostri giorni?”.